Variante inglese in 7 su 10, ma adesso c’è pure la scozzese

Nella nostra provincia domina il virus mutato. Cinque casi di sudafricana e cinque di brasiliana
Un laboratorio di analisi - Foto Ansa/Epa/Ronald Wittek © www.giornaledibrescia.it
Un laboratorio di analisi - Foto Ansa/Epa/Ronald Wittek © www.giornaledibrescia.it
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Sette positivi su dieci sono stati infettati dalla variante inglese del virus. Questo il dato che emerge dal sequenziamento genomico del Sars-Cov-2 effettuata dai laboratori dell’Asst Spedali Civili e dello Zooprofilattico. L’analisi, tuttavia, si effettua in modo casuale su campioni di tamponi della popolazione. Dunque, il dato del 70% potrebbe essere fortemente sottostimato. A conferma di ciò, quanto sta accadendo a livello regionale: la scorsa settimana – stando all’aggiornamento del mercoledì in Commissione Sanità al Pirellone – le varianti inglesi erano 128. Ieri il dg Welfare Marco Trivelli ha comunicato che sono salite a 578, «la maggior parte inglese ma, per la prima volta, se ne registrano alcune anche di quella scozzese». «Di questa tipologia - ha spiegato Trivelli - ne abbiamo ad oggi contate 6 o 7 nell’area del Varesotto, i particolare nel comune di Viggiù».

Ovvero uno dei quattro comuni – insieme a Bollate, Mede e alla nostra Castrezzato – che da ieri sera alle 18 e fino al 24 febbraio entra nella mini zona rossa decisa con una ordinanza dal presidente Attilio Fontana. «La fascia rossa dei quattro comuni - chiarisce Trivelli - non è legata tanto al numero assoluto di casi positivi accertati, ma a quello delle cosiddette varianti. In questo momento, la preoccupazione principale è di non superare 250 nuovi casi settimanali di positivi ogni centomila abitanti. Ma non è la sola. L’altro indicatore da monitorare è proprio quello delle varianti e, per questo, stiamo cercando di potenziare la rete dei laboratori che fanno genotipizzazione».

Per Arnaldo Caruso, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Asst Spedali Civili e presidente della Società italiana di Virologia, «in alcune aree del Paese, tra cui appunto la provincia di Brescia, la variante inglese è già ampiamente prevalente». «Praticamente assente fino ad un paio di mesi fa - aggiunge - in poche settimane si è affermata e nel mese di gennaio ha quasi soppiantato il virus originario di Wuhan». La variante inglese del Sars-Cov-2 è «molto capace di infettare, di diffondere e di imporsi probabilmente si è già meglio adattata all'uomo rispetto al ceppo originario» aggiunge l’esperto. In sostanza, la variante ha già raggiunto un vantaggio biologico rispetto all’originale.

Più contagiosa - e probabilmente anche più letale stando ai dati preliminari che arrivano dal Regno Unito - fa paura, ma non è l'unica da temere: «Il panorama che si sta delineando - spiega Caruso - mostra che i nuovi Coronavirus, ovvero Sars-CoV-2 e le successive versioni, hanno una grande capacità di mutare. Dunque, accanto alle varianti inglese, brasiliana e sudafricana di cui maggiormente si parla in questi giorni, sta emergendo una miriade di altre varianti che cominciano a preoccupare».

Preoccupa, ad esempio, che delle cinque varianti sudafricane isolate nel Bresciano, solo un caso ha avuto effettivamente contatti con il Sudafrica. A queste, si devono aggiungere altrettanti casi di varianti brasiliane. Il pericolo più grande è che sfuggano ai vaccini, quindi anche a farmaci come gli anticorpi monoclonali, e ai test diagnostici attualmente disponibili. «Al momento - conferma Caruso - possiamo dire con una certa tranquillità che la variante inglese, per come la conosciamo, non resiste ai vaccini anti-Covid sviluppati finora. Il mutante sudafricano è più sfuggente anche se, comunque, al momento parrebbe ridurre la capacità neutralizzante degli anticorpi senza eliminarla del tutto. Però, se queste varianti continuano a evolvere, non sappiamo fino a che punto saranno ancora suscettibili alle armi che abbiamo per combatterle». E conclude: «Allo stesso modo, se per la diagnosi si utilizza un tampone antigenico basato sul riconoscimento di una proteina che risulta mutata nelle nuove varianti, questi test di per sé già meno sensibili potrebbero non intercettare il virus. Di fronte alla crescente circolazione di nuovi mutanti è sempre più importante consigliare a qualsiasi livello di avvalersi del tampone molecolare e non del test antigenico per diagnosticare la positività al virus».

 

 

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