Un impegno e una sfida rinnovati

L'editoriale di Giacomo Scanzi: «A Nunzia auguro col cuore di riuscire a guidare il giornale e tutti i mezzi del Gruppo con successo»
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Quando il direttore di un giornale lascia la propria direzione, di solito scrive ai lettori per un saluto d’addio, per tracciare un bilancio del proprio lavoro, per augurare al suo successore successo e lunga durata.

Nulla di tutto ciò è nello spirito di questo scritto. Certo, si conclude un ciclo importante della mia vita personale e professionale; certo, a Nunzia auguro col cuore di riuscire a guidare il giornale e tutti i mezzi del Gruppo con successo tra i marosi di una società complessa; certo, non posso che guardarmi alle spalle e ripercorrere un decennio di direzione tra grandi soddisfazioni e qualche delusione. Le prime le ascrivo all’intera famiglia del Giornale di Brescia. Le seconde a me stesso.

Tuttavia - e questo lo devo ad un Editore illuminato - non posso, in questo momento, che provare l’eccitazione per una nuova sfida, dentro il giornale e nei suoi snodi di relazione istituzionale e culturale con la grande provincia di Brescia. Se guardo al decennio che ho trascorso alla guida del Giornale di Brescia, vedo i grandi cambiamenti sociali e politici della città. Vedo altresì le grandi e spesso caotiche trasformazioni culturali. Nel 2005 potevamo parlare della sfida digitale come di una prospettiva ancora poco decifrabile, soprattutto nel campo dell’informazione.

Oggi non solo essa è realtà. Ma è realtà problematica. Multimedialità, connessione totale, mobilità, prima ancora che nei progetti - o meglio - nelle strategie dei guru dell’informazione, si sono imposte da sé, creando infiniti rivoli informativi difficili da intercettare e forse anche da decifrare. Inutile nasconderci che i lettori sono cambiati più velocemente dei giornalisti e forse anche degli editori. Questa è la sfida che consegno a Nunzia e che sono certo saprà raccogliere e affrontare con successo. Ma la questione digitale (la banalità del termine racchiude in verità una tremenda complessità culturale e, direi, antropologica) non è tutto. Non deve essere tutto.

Qui sta la lungimiranza del nostro Editore: capire che sarebbe deleterio implodere nell’ansia del digital first. La storia del giornale, di cui abbiamo celebrato il 27 aprile i settant’anni di vita, è straordinaria e gloriosa per la sua capacità di leggere i tempi nuovi senza abbandonare la tradizione. Accanto all’esigenza primaria di informare, mai è venuta meno la determinazione a comprendere e, dove possibile, a far comprendere. Forse proprio oggi, con a disposizione sempre ed ovunque ogni mezzo, abbiamo bisogno di fermarci a pensare; abbiamo bisogno di riprendere discorsi interrotti troppo frettolosamente; abbiamo bisogno di relazioni più solide di un’amicizia digitale. È la relazione che ho avuto la fortuna di vivere con i lettori. Ogni volta che mi capita di vedere un uomo o una donna con in mano il nostro giornale, sento una viva emozione. Quel pezzo di carta che ogni giorno viene stampato, è esso stesso innanzitutto una relazione.

Straordinaria è stata la relazione con i miei giornalisti. Li ringrazio di cuore per ogni ora passata a discutere, qualche volta anche virilmente, per il lavoro stupendo e spesso gratuito che hanno messo a disposizione del giornale, per il rapporto di amicizia che si è creato e che, in alcuni casi, ha valicato le pareti della redazione, ed è entrato nella mia vita. Ogni passaggio della mia esperienza professionale lo devo all’Editore.

Ma non solo, con ogni membro del Consiglio di Amministrazione, a partire dal Presidente, vi è stata consonanza di visione delle cose, affetto e soprattutto la garanzia di una libertà mai astratta, ma sempre incarnata nelle scelte, nel dialogo franco, nella comune fedeltà alla nostra storia. La nuova sfida della Direzione editoriale e di un maggiore impegno sul piano culturale e storico, radica in questo dialogo aperto e, se mi è permesso, in un rapporto di non formale amicizia. Lo sguardo dunque si proietta avanti, con l’entusiasmo che fu del 25 aprile 2005 o, ancor di più, del primo articolo pubblicato con la firma. Il 1° ottobre 1990 venivo assunto al Giornale di Brescia. Esattamente 25 anni fa. Il 1° ottobre 2015 è per me, e lo auguro al Giornale, un rinnovato inizio.

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