Un anno per una tac: si cerca un argine alle liste d’attesa infinite

Dal Centro unico di prenotazione al personale: gli effetti dei rimedi in agenda sono ancora lontani
Un macchinario della diagnostica per immagini
Un macchinario della diagnostica per immagini
AA

Trecentosessantacinque giorni (sì: un anno) per una colecistectomia. Da duecentoquarantacinque giorni (più di otto mesi) a un anno per una eco(color)doppler cardiaca, per una tac o per intervenire su un’ernia. Non è finita. Centosei giorni per una mammografia, 238 per una visita gastroenterologica, 176 per accaparrarsi un appuntamento col dermatologo, 183 per riuscire a incontrare un oculista.

Il problema è lì, nelle case di ciascuno e al centro del dibattito pubblico sulla sanità, da talmente tanto tempo che ormai rischia di diventare un tòpos, un luogo comune. Talmente ricorrente da essere difficile da ricacciare indietro. La malattia della sanità è cronica, si chiama liste d’attesa e per chi ha dolore alla schiena, mal di stomaco, bisogno di un controllo al cuore o ha un problema dermatologico il calvario è peggiore. Per loro il bivio è lo stesso di chi ha la necessità di sottoporsi a una tac (aspettare o pagare), ma l’attesa è più snervante.

I numeri che mandano fuori dai gangheri gli utenti e che non fanno dormire sonni tranquilli a chi deve amministrare sono aggiornati al 31 maggio e riguardano i tempi di reazione degli ambulatori ospedalieri bresciani. Dall’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) Spedali Civili a quella del Garda, passando per la Franciacorta la fotografia è la stessa e i problemi anche: la richiesta è più alta rispetto alle prestazioni disponibili con il Sistema sanitario nazionale. Le alternative si trovano: pagando. Eccolo l’effetto collaterale della sanità in lista d’attesa:

la spinta di molti cittadini verso il privato, che assicura tempi inferiori e talvolta (su alcune prestazioni) fa prezzi di poco più alti rispetto al pubblico proprio per fargli concorrenza. Epilogo: chi non può permettersi di pagare, è costretto ad aspettare. Chi è più povero si cura dopo.

Il Cup

Che le visite in ospedale siano insufficienti, specie dopo l’accumulo delle prestazioni rimaste sospese a causa della pandemia, è evidente. Come lo stesso assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso ha evidenziato nel report di maggio, durante i primi tre mesi dell’anno negli ospedali pubblici le prestazioni sanitarie con criterio di priorità breve (tecnicamente siglato con la lettera «B») sono state erogate entro i dieci giorni previsti solo nel 72% dei casi. Di qui l’iniezione di ulteriori 61 milioni di euro nella sanità, di cui 43 dirottati proprio sul capitolo liste d’attesa (25 milioni al pubblico e 18 al privato convenzionato).

All’orizzonte c’è la volontà di avviare un Centro unico di prenotazione, un sistema che andrebbe a ricalcare quello utilizzato per la vaccinazione anti-Covid e che consenta cioè all’utente di prenotare giorno, ora e struttura. Il tutto avendo un’agenda condivisa, attraverso la quale si possa con più facilità «vigilare» anche sulla percentuale di prestazioni private effettuate all’interno delle diverse strutture ospedaliere.

«L’obiettivo - ha detto Bertolaso - è raggiungere un equilibrio tra l’offerta e la domanda», a partire dalla stabilizzazione del personale sanitario impiegato durante la pandemia. «Ci stiamo impegnando per rendere attrattivo il lavoro nel sistema sanitario, ma nel frattempo è importante valorizzare chi già nei nostri ospedali ci lavora». Anche perché il Cup potrebbe entrare in funzione non prima di gennaio 2024, data per la quale buona parte delle agende ospedaliere sono già compilate.

Il tema delle attese spropositate nella sanità pubblica, negli stessi ospedali che poi privatamente garantiscono la chiamata quasi immediata del paziente, è uno di quelli cruciali. E non a caso lo è stato anche durante la campagna elettorale. Qualcosa si sta muovendo, ma come dimostrano i giorni d’attesa non è ancora abbastanza.

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato