Ucraina, a Folzano i furgoni pronti a partire

Ludmilla ha 61 anni e un figlio che fa il chirurgo nell’Ucraina sotto attacco. È arrivata da Salò, dove abita e lavora, a Folzano con una decina di sacchi neri pieni di coperte calde. «Le ho raccolte con l’aiuto di alcuni alberghi di Riva del Garda», racconta. Le lascia nel magazzino che fa da base logistica per gli scambi di prodotti tra gli ucraini di casa nel Bresciano e i parenti che vivono in patria. Gli autisti ucraini le porteranno presto, insieme ad altri doni, fino al confine Polonia-Ucraina. Poi, dal Paese qualcuno verrà a prenderle e a distribuirle dove servono.
Sasha, che abita a Brescia da anni e di professione fa l’addetto alla sicurezza, si trova a Folzano per lo stesso motivo. Su un furgoncino nero, con l’aiuto di altri uomini, carica alcuni sacchi bianchi contenenti medicine, vitamine e kit di primo soccorso.
Tam tam solidale
«Amici e conoscenti, ucraini e italiani, in buona parte bresciani, mi chiamano in continuazione, da giovedì mattina, perché vogliono aiutare il mio Paese - racconta lui -. Esiste un conto corrente istituito del Governo, ma molti di loro non si fidano a caricare denaro lì. Quindi sto valutando di aprirne uno io per convogliare tutta questa generosità nei luoghi in cui c’è tanto bisogno».

L'appello
«Servono coperte, medicinali, lenzuola - aggiunge una giovane connazionale -. Il cibo no, quello c’è. Io sto raccogliendo un po’ di cose con la collaborazione delle colleghe dell’azienda per la quale lavoro. Siamo in diciotto. Torneremo qui presto con un po’ di doni per l’Ucraina». Tra le mani la donna ha un kit di primo soccorso, lo consegna a Sasha che lo carica sul furgone. Ogni gesto, anche il più piccolo, arriva dal cuore e può essere utile. Anche Ludmilla tornerà presto con altri doni. Nei suoi occhi leggiamo l’angoscia e la voglia di fare: «Andrei a piedi nel mio Paese pur di vedere i miei nipotini. Mi chiedo se ha ancora senso rimanere qui in Italia».
Lei in Ucraina ha un figlio di 35 anni che fa il chirurgo ed è sposato con una dottoressa: «L’ho sentito, continua a dirmi "mamma non preoccuparti, rimani calma". Ma come si fa?». Anche il marito si trova là, lavora alla costruzione di «barriere di cemento per non far passare i carri armati».
«La porta d’Europa»
È in pensiero: «Putin non si fermerà. Quella per lui è la porta dell’Europa. L’Italia - dice - inizia ora a parlare di guerra, ma l’Ucraina conosce questo argomento da anni». Nel capannone di Folzano con la bandiera blu e gialla che sventola all’ingresso ci sono alcuni autisti che hanno lasciato l’Ucraina giusto qualche ora prima che la frontiera venisse chiusa. «Sono in attesa, non sanno cosa fare, quando ripartire», ci racconta una ragazza che parla benissimo l’italiano. A loro è affidato il compito di portare fino al confine coperte, farmaci e quanto verrà raccolto nel Bresciano in questi giorni. Partiranno non appena sarà possibile. Sarà un viaggio lungo, pieno di speranza.
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