Tra scalate e fotografie: Solina si racconta in occasione dei 90 anni

Alpinista, divulgatore e collaboratore del Giornale di Brescia da più di cinquant'anni
Franco Solina durante un suo intervento pubblico - © www.giornaledibrescia.it
Franco Solina durante un suo intervento pubblico - © www.giornaledibrescia.it
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I sogni del ragazzo pronto all’avventura, le imprese dell’alpinista affermato, gli scatti del fotografo curioso, gli scritti e le parole del divulgatore appassionato. Tutto attorno lo stesso orizzonte, quelle montagne capaci di affascinare, di suscitare il piacere della scoperta, di accendere sempre gli occhi ed il cuore di Franco Solina, che oggi compie novant’anni.

Per i lettori del nostro giornale, con il quale collabora da cinquant’anni, Franco non ha bisogno di grandi presentazioni. In occasione di questo compleanno caratterizzato da una bella cifra tonda, è Solina a raccontarsi, a ripercorrere il filo di un legame strettissimo.

Da Mompiano

Cominciando dall’inizio, dal primo incontro: «Sono nativo di Mompiano, nonni e bisnonni erano boscaioli. I primi monti che ho conosciuto - ricorda - sono stati quelli dei dintorni della Maddalena, dove spesso a mezzogiorno andavo a portare della polenta avvolta in un tovagliolo a chi lavorava, oppure a raccogliere castagne o fascine di legna».

Più avanti la prima scalata: «Fu sulle Dolomiti, montagne che dopo aver visto solo in qualche fotografia decisi di andare a conoscere da vicino per la prima volta: partii in bicicletta da casa con il mio amico Paolo Guerreri, arrivammo alle Tre Cime di Lavaredo, le ammirammo, proseguimmo per alcuni giorni e dopo una settimana tornammo a Brescia, sempre in bici. La prima scalata fu qualche tempo dopo, quando avevo 19 anni, il giorno dell’esame della scuola di roccia, nelle Dolomiti del Brenta. Partii dal rifugio Tuckett e scalai il Castelletto di mezzo, io dietro alla corda del mio istruttore. Fu una grandissima emozione, un sogno che si avverava, in un ambiente fantastico».

Dolomiti e Eiger

Fu l’inizio di un’intensissima, lunga parentesi: «Quello dedicato ad arrampicare è stato un periodo molto importante della mia vita. Ne ho avuto grandi gioie e soddisfazioni, ci sono state anche sconfitte, ma fa parte del gioco. Ho avuto la fortuna di non avere incidenti, così da potermi dedicare a lungo a questa attività».

Nel 1957 uno snodo decisivo, l’incontro con Armando Aste: «Tornavo da una salita in Brenta, lui passava con amici in un rifugio. Fu un incontro che definirei provvidenziale: con lui abbiamo aperto vie nuove, fatto spedizioni indimenticabili, ma soprattutto quell’incontro è durato tutta la vita, perché Armando è stato un vero, grandissimo amico. L’ultima scalata l’abbiamo condivisa nel 1999, nel centenario della conquista del Campanile Basso, insieme ad altri alpinisti di Rovereto. Da allora non ho più arrampicato, anche se arrivando sotto le cime, guardando le montagne qualche volta mi viene un "cosino al cuore", sento un po’ di nostalgia, ma nessun rimpianto».

Impossibile non chiedergli quale sia stata l’impresa più grande: «Se dicessi che non è la Nord dell’Eiger, qualcuno storcerebbe il naso. Certo quella scalata mi ha dato notorietà, ma le più belle soddisfazioni me le sono tolte sulla Marmolada, dove ho aperto diverse vie nuove, come l’Ideale sulla Marmolada d’Ombretta, 54 ore di arrampicata con cinque bivacchi in parete. Naturalmente ho un bel ricordo anche dell’Eiger, visto che partecipai alla prima spedizione italiana che conquistò la parete Nord. Rammento momenti esaltanti e momenti brutti, bivacchi disperati sull’orlo del baratro.

Seppi convivere con la paura, che è sempre meglio avere: ti pone il limite oltre il quale è meglio non andare, anzi non si deve andare, non bisogna mai farsi ingannare dal pensiero che senza la paura si ottengono i risultati. Meglio stare un gradino sotto, non c’è salita che valga la vita».

Franco Solina (l’ultimo a destra in alto) dopo l’ascesa alla Nord dell’Eiger nel 1962 - © www.giornaledibrescia.it
Franco Solina (l’ultimo a destra in alto) dopo l’ascesa alla Nord dell’Eiger nel 1962 - © www.giornaledibrescia.it

L’amore ed il rispetto per la montagna insegnano anche questo ed aiutano nei passaggi fondamentali: «Ad un certo punto, raggiunta una certa età, ho cambiato rotta, mi sono dedicato ad altro, altrettanto bello e gratificante. Sono uscito dall’alpinismo e sono entrato nella fotografia, che mi ha aiutato a superare l’amarezza del dover smettere di arrampicare. Si è sviluppata una passione grande, coltivata grazie anche al Giornale di Brescia che ha pubblicato diverse mie opere».

Tra fotografia e divulgazione, Franco Solina ha continuato a frequentare la montagna ed a farla conoscere ai bresciani e non solo: «Ho fatto complessivamente 300 itinerari sui monti bresciani in tre edizioni, ho setacciato accuratamente il nostro territorio, ho cercato di comunicare il mio modo di intendere l’escursione, uno strumento importante per la conoscenza degli ambienti naturali».

Curiosità

A partire da sua maestà l’Adamello: «È una grande, bellissima montagna. Per la prima volta ci andai da ragazzo, partendo dal Prudenzini. Aspettavo un amico che non arrivava più, così un pomeriggio partii da solo, tanta era la voglia di andarci. Tornai la sera e al rifugio non c’era più il posto per la cena, pensavano che fossi sceso a valle. Ma mi diedero comunque da mangiare».

Certo allora il Pian di neve aveva ben altra consistenza... «Purtroppo il cambiamento climatico si fa sentire e vedere. Ma c’è ancora modo di vivere e godere della montagna, della sua bellezza. Con curiosità e spirito di avventura, senza dimenticare la prudenza e rispettando sempre l’ambiente che ci circonda, si possono fare scoperte inimmaginabili. Una volta, di ritorno dal Guglielmo, qualcuno mi ha chiesto: "Ma che ci sei andato a fare, sarai salito mille volte!". Ma ogni volta che ci vai tu non sei uguale a com’eri ieri o come sarai domani, cambia lo stato d’animo che ti consente di apprezzare le grandi novità che ti stanno attorno. Perché la montagna è sempre da scoprire». Anche a 90 anni: auguri Franco.

I riconoscimenti

Numerosi i riconoscimenti ottenuti: è socio del Caai, Club alpino accademico italiano, cavaliere al merito della Repubblica italiana, Stella al merito dell’Ordine del Cardo, Pelmo d’Oro alla carriera; ha ricevuto inoltre il Premio della brescianità, il Premio Rosa Camuna, il Premio Sant’Obizio Vallecamonica, il Premio alla carriera del Museo nazionale della fotografia di Brescia. Numerose anche le pubblicazioni, tra cui tre edizioni delle «Escursioni nelle valli bresciane», edite dal Giornale di Brescia, molto apprezzate dai lettori.

 

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