Torna il delivery ma per i rider mancano tutele contro i contagi

Boom di richieste, attorno al 20% a Brescia, anche da chi è in isolamento. I sindacati: ogni consegna può essere a rischio
Un rider impegnato in una consegna - © www.giornaledibrescia.it
Un rider impegnato in una consegna - © www.giornaledibrescia.it
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Da un lato l’incremento esponenziale delle consegne a domicilio, dall’altro la cronica mancanza di tutele. Dati ufficiali di aziende e associazioni di categoria ancora mancano, ma sono i rider stessi a rivelare: «Dai giorni precedenti alle festività di Natale abbiamo cominciato a ricevere molte più richieste. L’incremento delle consegne a domicilio a Brescia è stato almeno del 20%».

Il lavoro dei fattorini del cibo sembra riassumere la storia recente che a cadenza regolare vive la città (e tutto il Paese): con l’ondata inedita di contagi, le nuove misure restrittive e in concomitanza con le festività i bresciani sono tornati a rinchiudersi in casa - o quantomeno a trascorrere più tempo tra le mura domestiche.

Così sono aumentate a dismisura le prenotazioni delivery. Così era stato anche durante il lockdown nella primavera del 2020, quando i rider erano pressoché gli unici che con scooter, bici o auto illuminavano le strade deserte. «Questa volta però sta accadendo qualcosa di diverso, ad ordinare cibo sono anche tante persone positive o in isolamento», racconta un giovane rider. Anche così si spiega la crescita degli ordini a Brescia.

Eppure il fenomeno riapre il vaso di Pandora del settore e mette sotto i riflettori un nuovo problema: la nuova esplosione dei contagi - nei numeri non paragonabile alle scorse ondate - mette infatti i rider a contatto diretto con molte delle persone che le cautele sanitarie hanno condotto all’autoisolamento. Perciò ricorre l’esigenza di una tutela per i lavoratori, perché diversi di loro potrebbero affacciarsi in case dove abita il contagio. Tutele per pochi. Ma come sono tutelati i fattorini a due ruote in questa nuova fase della pandemia?

Dalla Cgil Nidil fanno sapere che «rispetto al lockdown del 2020 questi lavoratori possono sostanzialmente contare sui dispositivi di protezione individuale, che all’epoca scarseggiavano, ma sui temi della salute e della sicurezza da parte delle piattaforme datoriali siamo ancora indietro». E se un rider finisce contagiato? Chi lavora con le piattaforme che hanno già recepito la direttiva europea che riconosce il rapporto di lavoro subordinato può ad esempio accedere al fondo di sostegno, ma chi invece è ancora legato ad aziende che non riconoscono il lavoro subordinato rischia a caro prezzo. L’ennesima traccia delle iniquità che ancora caratterizzano i lavori del terzo millennio.

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