Test sierologici, tra i testati il 52,7% è a rischio contagio

Il report della Lombardia: «Il pericolo di nuovi focolai è concreto, oltre la metà di noi è suscettibile al virus»
Il 44,1% dei cittadini sottoposti a test sierologico è risultato positivo
Il 44,1% dei cittadini sottoposti a test sierologico è risultato positivo
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Mentre il doppio binario dei controlli prosegue tra tamponi e test sierologici e si amplia la platea dei cittadini «candidati» a passare sotto lo scanner delle verifiche, la Lombardia è alle prese con gli esiti delle prime indagini. E a una settimana dall’inaugurazione della nuova architettura delle verifiche, arrivano i primi verdetti.

Primo: molti più cittadini rispetto a quelli effettivamente contagiati hanno scontato il periodo di quarantena. Secondo: buona parte delle persone che sono state a contatto con un caso positivo non sono state «catturate» dal coronavirus. A tratteggiare il quadro, dettagliato, dell’andamento dei due fronti dei controlli è il report regionale. Che analizza, provincia per provincia, l’andamento della parabola della mappatura, una bussola per misurare l’efficacia delle restrizioni messe in atto.

Guardando ai testi sierologici sono ora disponibili i primi esiti relativi non solo al personale sanitario, ma anche alla prima tornata di cittadini che, nei giorni scorsi, sono stati sottoposti ai prelievi del sangue nei laboratori abilitati. In tutto, nel Bresciano, sono stati eseguiti 8.710 test - tra personale sanitario e persone che si trovavano in isolamento -: di questi, 1.175 (pari al 13,4%) sono risultati positivi, ovvero hanno sviluppato gli anticorpi al virus. Le percentuali cambiano, e non di poco, se si vanno però ad analizzare le singole categorie.

La prima è quella degli operatori sanitari: sugli 8.093 kit utilizzati, a risultare positivi sono stati 903. L’11,2% a fronte dell’87,8% di negativi (7.102). La seconda è quella dei cittadini che erano in quarantena obbligatoria o fiduciaria: delle 617 persone sottoposte al test, 272 sono risultate positive. Ben il 44,1%, vale a dire che più di quattro volte su dieci il test ha riscontrato la presenza degli anticorpi e, quindi, che i soggetti hanno contratto e attraversato il Covid-19. A questo dato va aggiunto poi quello dei cosiddetti «test dubbi» che, nel Bresciano sono una ventina, pari al 3,2% degli esami complessivi. L’Ats della Montagna avvierà invece le attività di prelievo nei prossimi giorni. Di qui, le conclusioni: «Il rischio di nuovi focolai - si legge chiaramente nel report stilato dalla Lombardia - è concreto e le misure per la ripartenza devono tenere conto di questo aspetto».

Il secondo fronte è quello dei tamponi, che servono invece per capire se - scavalcati i sintomi ed esaurito il periodo di quarantena - si è ancora oppure no contagiosi. A tratteggiare la panoramica sono direttamente gli esiti dei laboratori. Al momento i tamponi complessivi eseguiti nel Bresciano sono 89.617 in tutto, di questi 20.022 sono risultati positivi: il 22,34%, vale a dire due su dieci. Guardando ai singoli laboratori lombardi, il secondo dato più alto di positivi si è registrato tra i tamponi analizzati all’ospedale Civile di Brescia, dove è stato riscontrato il 42% di cittadini ancora contagiosi, percentuale più bassa solo rispetto a quella riscontrata al laboratorio Cerba HC di Milano (52%), dove però sono stati analizzati meno campioni (829 in tutto rispetto ai 26.789 elaborati al Civile).

Il quadro generale è descritto dal direttore della Virologia molecolare dell’Irccs San Matteo di Pavia: «Come immaginavamo dall’analisi di questi dati preliminari - sottolinea il prof. Fausto Baldanti - sembra che la circolazione del virus sia stata maggiore nella zona di Bergamo (Alzano e Nembro), mentre a Brescia, Cremona, Crema, Lodi e Codogno è stata meno intensa». Secondo Baldanti, infatti, finora il dato di contagio degli operatori sanitari riflette il tasso di circolazione del virus in Lombardia. Per questo «occorre, se sarà confermato l’andamento di queste analisi, che la ripartenza tenga conto che la maggior parte dei cittadini è potenzialmente suscettibile e si rende quindi necessaria la massima prudenza». Sottolinea l’assessore al Welfare, Giulio Gallera: «Le misure di contenimento messe in atto dalla Regione sono state efficaci, perché hanno permesso di proteggere, tempestivamente e indipendentemente dal tampone, i contatti stretti di coloro che avevano contratto la malattia».

 

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