Tajani: «Export, la locomotiva Made in Brescia è da tutelare»

Onorevole Antonio Tajani, lei arriva a Brescia nella sua triplice veste di vicepresidente del Consiglio dei ministri, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia. Quali le ragioni della sua visita? Più politiche o più economiche, considerando che incontra le associazioni di categoria nella «casa» della Camera di Commercio?
Brescia è il capoluogo di una provincia che è una delle locomotive dell’export italiano; quindi, il mio primo ruolo da voi è quello di «Ministro del Commercio estero». La Farnesina coordina la politica estera, ma anche le politiche per favorire l’export: ed è un lavoro assolutamente interconnesso, non solo per sostenere le grandi aziende, ma anche per le piccole e medie. Poi incontrerò anche i militanti di Forza Italia, un partito che si sta riorganizzando e si prepara con fiducia alle prossime sfide elettorali. Ma in generale voglio ascoltare da tutti, imprenditori, lavoratori, cittadini, quali sono le loro idee su questo nostro Governo, sul mio partito, sul nostro impegno.
Lei oggi incontra il mondo produttivo bresciano, per valore aggiunto terza provincia manifatturiera del Paese, dopo Milano e Torino e prima di Roma. Eppure, sono tante le incognite, cominciando dal rallentamento dell’economia tedesca a noi strettamente connessa. Che garanzie può dare il Governo?
Se rallenta la Germania, si blocca anche l’Italia. E la provincia di Brescia è fra le più interconnesse con l’industria tedesca. Il Governo segue direttamente ogni risvolto legato alla situazione economica. Con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ho partecipato a un viaggio dell’intero governo italiano a Berlino per incontrare i colleghi tedeschi. A Roma il 16 novembre ho passato un’intera serata a farmi illustrare dai dirigenti di Sace, Simest, Cdp, dai nostri direttori generali le dinamiche dell’economia tedesca e come intervenire per sostenere le industrie italiane. Una riflessione che continuerà con un incontro presso la nostra Ambasciata a Berlino nelle prossime settimane. L’interscambio con Berlino ha superato i 168 miliardi di euro nel 2022, la Germania rappresenta il nostro primo partner commerciale, primo fornitore a livello globale e primo mercato di destinazione del nostro export.
La frenata dell’economia tedesca ha quindi un impatto decisivo sulla competitività delle imprese italiane e, in modo particolare, del tessuto produttivo bresciano. Brescia lavora con la Germania per le sue specializzazioni d’eccellenza nella metallurgia, nella chimica e nella gomma-plastica, della componentistica. C’è tanto Made in Italy in ogni auto tedesca, tanto valore aggiunto italiano nel Made in Germany, che deve essere tutelato.
Alcuni esempi concreti di quello che avete fatto?
Nel 2023 sono state approvate 32 iniziative destinate al potenziamento e alla promozione del sistema fieristico in Lombardia (Salone del Mobile, Settimana della Moda, MIDO, Lamiera, Plast, Vitrum, Micam, Smau, Lineapelle,…) per un valore complessivo di oltre 17 milioni euro. Nel 2023 sono state più di 2.400 le partecipazioni di aziende lombarde a iniziative promozionali ICE, di cui 270 della provincia di Brescia.
Da segretario forzista, lei incontra i vertici del partito alla vigilia dei congressi. Come giudica lo stato di salute di Forza Italia a Brescia?
Incontrerò una classe dirigente locale fortemente motivata, alla luce dei positivi risultati ottenuti alle elezioni politiche del 2022 e alle regionali del 2023 (10,3%). Con i vertici rinnovati e impegnati a rappresentare sempre di più il territorio provinciale. Un partito motivato che a breve celebrerà un congresso provinciale unitario con alla guida un giovane sindaco che ha ottenuto nel suo comune un consenso del 79% (Marco Ferretti a San Zeno, ndr).
Il 2024 è un anno fondamentale: si vota per le Europee e le Amministrative (nella nostra provincia vanno alle urne ben 143 Comuni su 205). Per Forza Italia è un test significativo, anche per gli equilibri interni al centrodestra, con FdI data oltre il 30% e la Lega che pensa di candidare il generale Vannacci.
Sì, è vero, sarà un test importante per il governo e certamente per noi di Forza Italia. Tutte le prove elettorali sono cruciali, perché segnalano il sostegno dell’elettorato all’azione di un governo o di un partito politico. Per il Governo Meloni si tratta del primo test nazionale a poco meno di due anni dalla sua nascita. Forza Italia invece ha avviato il processo di riorganizzazione dopo la scomparsa del nostro leader e fondatore Silvio Berlusconi. Qualcuno ogni tanto mi chiede «lei si sente l’erede di Berlusconi?». Io rispondo dicendo che non sono un mitomane, che non è possibile essere erede di Berlusconi, ma che siamo tutti noi, cittadini e militanti di Forza Italia, eredi di un progetto politico che dobbiamo tenere in piedi e rinnovare. Ce la faremo, perché nel progetto di Berlusconi c’erano i semi di quella pianta che oggi può essere davvero utile e centrale nella politica italiana. A patto di saper crescere, cambiare, evolvere.
Andiamo oltreoceano, è da poco iniziata la campagna elettorale americana. Come giudica il ritorno in campo di Trump?
L’America è amica dell’Italia. Gli Stati Uniti sono l’alleato principale del nostro Paese, un Paese amico per le affinità fra i nostri due popoli, per la collaborazione economica e soprattutto per la sintonia politica e nel settore della sicurezza. Noi siamo il governo dell’Italia e siamo pronti a lavorare con chi avrà il compito di guadare quella nazione. Sappiamo che le nostre relazioni saranno sempre solide e produrranno benefici per i nostri due popoli.
Torniamo a casa nostra: Forza Italia sosterrà Mario Draghi in un ruolo di vertice in Europa? Dove lo vedrebbe?
Mario Draghi è stato tirato in ballo troppe volte in maniera non del tutto corretta. Per esempio, parlare di Draghi come presidente della Commissione europea? Sarebbe difficile perché Draghi prima dovrebbe essere indicato commissario da un governo nazionale. Il processo elettorale europeo e poi il processo di creazione delle nuove istituzioni è lungo e complicato. Draghi è stato un eccellente presidente della Banca Centrale Europea, anche oggi è stato coinvolto dall’attuale Commissione in un lavoro di studio e approfondimento. Arriviamo alle elezioni senza infastidirlo ogni giorno con un toto-nomine che per ora è inutile.
Ci sono molte partite anche in Europa che influenzeranno la nostra economia: dal Green Deal (e tutta la questione Automotive) all’agricoltura passando per l’AI Act. A che punto è il lavoro del Governo a difesa degli interessi italiani?
A Bruxelles sia su agricoltura che automotive i deputati di Forza Italia con quelli del gruppo del Partito popolare stanno facendo battaglie di ragionevolezza e saggezza: il necessario impegno per la transizione ecologica, che è un dovere di ogni governo mettere in atto, non può dimenticare qualcosa: al centro di tutto devono esserci gli uomini con i loro diritti e quindi innanzitutto con il diritto al lavoro. Processi troppo accelerati per esempio verso l’auto elettrica provocherebbero solo in Italia anche la perdita di 70mila posti di lavoro. In ogni partita è centrale tenere saldo il riferimento all’uomo e al suo diritto centrale, quello ad avere un lavoro che gli permetta di sostenere la sua famiglia.
Uno sguardo alle grandi crisi internazionali: Ucraina e Medio Oriente con Israele e Mar Rosso. Storie diverse dal futuro però ugualmente incerto. Lei intravede possibili vie di uscita? E cosa può fare il suo ministero per mitigare le conseguenze sulla nostra economia?
Una via d’uscita ad entrambi le crisi è ancora poco visibile. In Ucraina Putin ha deciso di continuare con questa occupazione di un paese sovrano condotta contro ogni regola del diritto internazionale. In Medio Oriente il barbaro assalto di Hamas a Israele il 7 ottobre ha provocato una dura reazione militare di Israele. Di questa crisi mi occuperò in un viaggio che sto per compiere a Gerusalemme, in Palestina e in Libano. Stiamo facendo pressioni innanzitutto perché Israele riduca le operazioni militari che coinvolgono i civili. Vogliamo l’uscita dei terroristi di Hamas da Gaza, la sua sconfitta. Il popolo palestinese non è Hamas, e comunque a Gaza con i palestinesi dovranno negoziare poi gli israeliani.
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