Strage senza fine sulle strade: nel Bresciano un morto ogni 5 giorni
Negli ultimi vent’anni sulle strade bresciane hanno perso la vita oltre 2.300 persone. Un numero gigantesco, come se fosse sparito un intero paese come Alfianello, o Borno, o Polaveno, solo per fare esempi di comunità che hanno più o meno quel numero di abitanti. Un numero di croci impressionante, a cui bisogna aggiungere circa 8mila invalidi permanenti e almeno 20mila feriti.
La giornata mondiale dedicata alla memoria delle vittime della strada, che si celebra oggi, dev’essere l’occasione per riflettere una volta in più su tutto questo. Su questo dramma personale e collettivo che non dà certo segnali di voler sparire, anzi;quest’anno, sempre nel Bresciano, le vittime sono già 59, un morto ogni cinque giorni, lo scorso anno erano state 66.
Il dolore
Va certo detto che questi numeri (tragici fin quando non saranno azzerati) sono ben diversi da quelli che si registravano sulle nostre strade nei decenni passati. Il confronto è presto fatto, nel 2002 le vittime sulle strade erano state 172, dieci anni dopo si erano significativamente ridotte fino a 89 ma poi il dato si è drammaticamente stabilizzato.
Il calo, che comunque si è registrato (siamo nell’ambito di una diminuzione di circa il 60%), è frutto di anni di campagne di prevenzione, soprattutto con i più giovani; come ha raccontato Roberto Merli, fondatore dell’associazione «Condividere la strada della vita», recentemente ospite del programma «Messi a fuoco» condotto da Andrea Cittadini, «i ragazzi stanno più attenti, ad eccedere con l’alcol sono le persone più su d’età, i giovani sono certo più distratti dai telefonini, ma su di loro la cultura della sicurezza in strada ha certamente trovato terreno fertile».
Merli nel 2000 ha perso il figlio Alessandro, investito e ucciso a 14 anni, mentre era a bordo del suo motorino, da un auto guidata da una persona ubriaca. Questo papà ha raccolto intorno a sé genitori che hanno subìto la stessa perdita e insieme hanno deciso di donare conforto e supporto psicologico a chi vive questa tremenda esperienza. «Un dolore – ama ripetere Merli – che se non lo vivi non puoi capirlo. Nelle famiglie è come un terremoto, tutto ti crolla addosso, lo dico sempre: la peggior prigione nella quale puoi finire è la morte del proprio figlio. Non ti riprendi più, da 22 anni è il mio pensiero fisso».
L’obiettivo
A livello nazionale, segnala l’Istat, dopo la pandemia c’è stata, ovviamente, una netta ripresa della mobilità e come conseguenza anche dell’incidentalità stradale. Per il decennio 2021/2030 gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto al dato di riferimento fissato nel 2019. Visti i dati, al momento sembra un obiettivo molto difficile da raggiungere, per restare nel Bresciano, nel 2019 i morti per incidenti sono stati 81, i feriti addirittura 4.693, ovviamente non tutti gravi. Un dato interessante su cui riflettere: grazie alle protezioni il 90% dei conducenti di autovetture esce incolume dagli incidenti.
Ancora una curiosità, spiega l’Istat che l’indice di mortalità (decessi ogni 100 incidenti) risulta infatti più elevato nelle ore fra tramonto e alba rispetto al periodo convenzionalmente definito notturno (tra le 22 e le 6), soprattutto per gli incidenti con pedoni, in particolare sulle strade extraurbane ad aprile, luglio, agosto e settembre. Solo questioni statistiche certo, il dolore per una morte non può certo essere analizzato e spiegato.
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