Strage Cottarelli: assoluzioni, condanne, fughe all'estero

A meno di un anno dalla terribile strage, prende il via l'iter giudiziario infinito. Nel frattempo i protagonisti spariscono e riappaiono
La Corte d'assise di Brescia manda assolti Salvatore e Vito Marino - © www.giornaledibrescia.it
La Corte d'assise di Brescia manda assolti Salvatore e Vito Marino - © www.giornaledibrescia.it
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A meno di un anno dalla terribile strage, prende il via l'iter giudiziario che si trasformerà col passare degli anni in un vero e proprio calvario. Una vicenda che dopo 15 anni attende ancora che venga scritta la parola fine. 

Processo al via

Il 20 luglio 2007 con l’apertura dell’udienza preliminare e poche settimane dalla chiusura delle indagini viene incardinato formalmente il processo a carico di Vito e Salvatore Marino e Dino Grusovin. Le accuse a vario titolo ruotano attorno alla contestazione di triplice omicidio aggravato dai motivi abietti e dalla detenzione illegale d’arma. L’iter giudiziario si divide subito: i cugini Marino scelgono il dibattimento, Grusovin punta allo sconto di un terzo della pena e opta per il rito abbreviato.

Nessuna premeditazione

Con l’avvio del processo a Grusovin, il primo colpo di scena del processo. La Procura chiede l’assoluzione dall’accusa di omicidio per il triestino con formula piena: «per non aver commesso il fatto». Ma dal castello accusatorio con la ricostruzione proposta in aula a suffragio della richiesta di archiviazione sparisce anche la premeditazione del delitto. Per i pm l’incontro non era finalizzato a uccidere, il delitto scaturisce dall’evolversi della situazione.

20 febbraio 2008: assolto Grusovin

Il pm Paolo Savio, con il collega Alberto Rossi titolare del fascicolo sulla strage, durante un sopralluogo in via Zuaboni - © www.giornaledibrescia.it
Il pm Paolo Savio, con il collega Alberto Rossi titolare del fascicolo sulla strage, durante un sopralluogo in via Zuaboni - © www.giornaledibrescia.it

Il giudice dell'udienza preliminare Alessandra Ramon assolve Dino Grusovin dall'accusa di concorso nella strage di Urago Mella. Per il gup la prova della sua partecipazione al delitto non c'è. Del triplice omicidio ora dovranno rispondere Vito e Salvatore Marino, i due cugini trapanesi in affari con l'imprenditore bresciano cui l'accusa arriva proprio grazie al racconto del pentito. Costui sostiene di essere stato con i Marino a casa Cottarelli al momento della strage, ma di non aver partecipato perché legato ad una gamba del tavolo. Per il giudice è credibile. È la prima sentenza emessa sulla carneficina di via Zuaboni.

17 settembre 2008

Sono passati poco più di due anni dal fermo dei cugini Marino. I pm Paolo Savio e Alberto Rossi in una requisitoria fiume di 14 ore chiedono l’ergastolo per entrambi gli imputati. Il collegio della difesa invece invoca l’assoluzione: «Non sono stati loro, nella ricostruzione dell’accusa troppe cose non tornano».

Tutti assolti

La sentenza arriva il 27 settembre 2008. Dopo 25 udienze e quattro giorni di camera di consiglio la Corte d'assise di Brescia ha deciso: ad uccidere Angelo Cottarelli, la sua compagna Marzenna Topor e il loro unico figlio, il diciassettenne Luca, non sono stati i cugini trapanesi Vito e Salvatore Marino. I due sono assolti con formula piena e immediatamente scarcerati. Il castello accusatorio crolla perché, come si leggerà nelle motivazioni della presidente della Corte d’Assise, Anna Di Martino, le dichiarazioni del grande accusatore, Grusovin, sono quelle rese da un bugiardo patentato e inattendibile. Disattesa la richiesta dell'ergastolo formulata dalla Procura, il triplice omicidio resta del tutto impunito. Per tutti i familiari delle vittime è una doccia gelata, una ferita che si rinnova.

Il ricorso della Procura

Nel febbraio 2009 la Procura deposita la richiesta di appello contro la sentenza di primo grado, articolata in 150 pagine. Per i pm, Grusovin, ancorché non in toto, resta credibile.

Quei manifesti gialli, tre anni dopo

Per il 28 agosto 2009, terzo anniversario della strage, Mario Cottarelli, fratello di Angelo, fa affiggere per le vie della città 250 manifesti gialli con la foto delle tre vittime della strage: «Questa famiglia è stata massacrata, prima in casa e poi dai mass media di tutta Italia. Dopo tre anni questa strage è ancora impunita e nessuno ne parla! Quando un ragazzo di 17 anni e i suoi genitori avranno giustizia?» è la scritta che campeggia sotto l’immagine. Pare sinistramente profetica dei tempi infiniti della vicenda giudiziaria.

Che fine ha fatto Grusovin?

Al 4 dicembre 2009 risale il nuovo colpo di scena nell’infinita vicenda giudiziaria della strage. Dino Grusovin è irreperibile. Assolto in primo grado, anche se con formula dubitativa, e assegnato al programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia, il sedicente architetto triestino sembra sparito dalla circolazione. La Corte d'appello che deve giudicarlo poco giorni dopo, rinvia il processo a data da destinarsi intendendo come improbabile un immediato rintraccio dell'imputato.

Il primo processo d’appello

Le aule di giustizia si spalancano nuovamente per Vito e Salvatore Marino il 21 maggio 2010. Il procuratore generale di Brescia, Domenica Chiaro chiede la condanna all’ergastolo dei due per il triplice delitto del 28 agosto 2006.

«Ergastolo»

 

Il 7 giugno 2010 è una data cardine. La Corte d’Appello di Brescia condanna all'ergastolo i due cugini Vito e Salvatore Marino per l'omicidio di Angelo Cottarelli, della moglie Marzenna e del figlio Luca di 17 anni. Vengono escluse la premeditazione e l'aggravante dei futili motivi. Per i giudici si sarebbe trattato di un tentativo di estorsione in cui qualcosa è andato storto. A carico dei due condannati non viene richiesta alcuna misura cautelare: potranno attendere a piede libero il processo in Cassazione.

Irreperibili

Formalmente non sono latitanti. Ma sono entrambi irrintracciabili. Dopo Grusovin, a pochi giorni dalla sentenza d’appello che li ha condannati all’ergastolo per la strage di via Zuaboni, anche i cugini Marino sembrano svaniti nel nulla. In particolare Vito si è sottratto agli obblighi della sorveglianza speciale, disposta nei suoi confronti della Questura di Trapani.

L’arresto di Salvatore alle Canarie...

Salvatore Marino viene notato casualmente da un agente della Polizia Penitenziaria di Trapani in vacanza a Tenerife. Colpito nel frattempo assieme al cugino da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere proprio dopo l’improvvisa scomparsa, stava trascorrendo una latitanza dorata a Costa Adeje. Interpol e Squadra Mobile di Trapani volano ai tropici e lo ammanettano, pochi minuti prima del veglione di San Silvestro del 31 dicembre 2010. Il 17 gennaio è estradato e atterra caso vuole, ancora una volta, a Linate. Vito invece resta irreperibile.

… e quello di Vito a Trapani.

Dura un anno la latitanza di Vito Marino: lo ferma a Marraco, nel Trapanese, una pattuglia di carabinieri, dopo un inseguimento. Quando lo sorprendono a bordo dell’auto di un altro soggetto di Paceco ha con sé due borsoni di effetti personali e rilevatori gps, telecamere e altro: per i militari si stava trasferendo da un nascondiglio ad un altro.

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