Stazione di Brescia «ufficio» di spaccio

L’attività investigativa è stata supportata da intercettazioni telefoniche su utenze che gli spacciatori erano soliti intestare a terze persone
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Nella mattinata di oggi la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare con la quale il Gip di Brescia Carlo Bianchetti su richiesta dei sostituti procuratori Eliana Dolce e Carlo Milanesi ha disposto misure cautelari a carico di nove soggetti.

L’indagine della Squadra Mobile ha preso il via da uno dei tanti controlli nell’area della stazione ferroviaria di Brescia che, come mergerà dalle indagini, alcuni piccoli spacciatori avevano ormai individuato come proprio ufficio per svolgere l’attività illecita con modalità professionali e continuative.

L’attività investigativa su strada è stata supportata da intercettazioni telefoniche su utenze che gli spacciatori erano soliti intestare a terze persone, in un caso ad una persona deceduta, da qui il nome dell’operazione «48 morto che parla».

Grazie alle intercettazioni è stato individuato il secondo livello, costituito da fornitori che potevano disporre di discreti quantitativi di stupefacente. Tra questi spicca l’impresa familiare costituita da una coppia di tunisini che inviava una parte di lauti guadagni, (15-20 mila euro) anche ai propri familiari nel paese di origine. Nel corso dell’indagine sono stati arresti in flagranza di reato sei soggetti e sequestrati significativi quantitativi di sostanza stupefacente (1,5 chili di eroina e 300 grammi di cocaina) chiamata con nomi criptici come “la bianca”, “la nera”, “il caffè”, “il latte”, “le caramelle”. Un centinaio gli assuntori identificati. Tre tunisini, di 48 anni uno e 32 gli altri due, oltre ad un 56enne di Cosenza sono finiti in carcere, mentre due bresciani di 36 e 46 anni, un albanese di 34 e un tunisino di 44 anni sono agli arresti domiciliari, mentre la misura del divieto di dimora a Brescia è stata disposta per un milanese di 37 anni.

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