Sfratti, tra il dramma di chi deve uscire e i diritti dei proprietari: mille casi da gennaio
Lo sfratto di una famiglia, soprattutto se ci sono di mezzo dei bambini, è sempre qualcosa di profondamente drammatico. Sconforto e angoscia generati dal rischio di ritrovarsi per strada. La medaglia ha però sempre due facce, per quanto certo diverse, ma molto spesso la vita non è facile neppure per i proprietari; come sottolineato dal presidente nazionale dei Piccoli proprietari case, Vincenzo Vecchio, «la parte debole non è esclusivamente l’inquilino, lo è sempre più spesso il locatore che aveva, magari con grandi sacrifici, acquistato un immobile». Un tema molto delicato quindi da affrontare da tutti i punti di vista.
Le storie da raccontare intorno al pianeta casa potrebbero essere infinite. Ci sono, per esempio i coniugi bresciani che ci hanno scritto per segnalare i loro problemi nel rientrare in possesso di un immobile che hanno affittato. C’è anche chi ci ha invece raccontato della fatica di trovare una casa in affitto perché, invece di chiamarsi ad esempio Marco Rossi, ha un nome straniero, nonostante lavori regolarmente in Italia da tanti anni o in alcuni casi abbia addirittura la cittadinanza. Problemi diametralmente opposti, ma allo stesso tempo legati tra loro.
I dati dal 1° gennaio
Nel periodo Covid sono state sospese le esecuzioni. Il proprietario, quindi, si ritrovava con la convalida dello sfratto ma non poteva eseguirlo. Stando ai dati dell’Unep (Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti) di Brescia dal periodo compreso tra l’1 gennaio e il 16 agosto, sono state iniziate 1.048 nuove procedure di sfratto. Per procedure iniziate si intendono quelle già esecutive, che hanno quindi visto l’attività dell’ufficiale giudiziario che ha comunicato la data effettiva dello sfratto. È una fase successiva a quella istruttoria che si tiene davanti al giudice e presuppone l’esistenza di un titolo esecutivo già formato. Ma gli accessi effettuati nello stesso periodo sono 1.901. È da considerare che gli accessi riguardano anche procedure già in corso, non solo quelle iniziate nel 2022. Ma di questi soltanto 512 si sono conclusi con il rilascio dell’immobile. Un numero decisamente molto basso, tenuto conto delle numerose procedure.
Il percorso
Ma qual è l’iter per i proprietari? «Per ottenere uno sfratto bisogna inviare una intimazione (per morosità o finita locazione) e contestuale citazione per la convalida, più l'avviso ex articolo 660 del Codice di procedura civile nel caso in cui l’intimazione non venga ritirata dallo sfrattando - ha spiegato l’avvocato civilista di Chiari, Elisa Branciforti -. Segue l’udienza di convalida dello sfratto, almeno 20 giorni liberi dopo le notifiche. Preciso che bisogna prenotare la data d’udienza quindi spesso si va oltre il tempo prima indicato perché non ci sono posti liberi. Nel corso dell’udienza di convalida l’inquilino moroso può chiedere un termine di grazia di tre mesi per saldare la morosità. Con la seconda udienza il giudice, se l’inquilino ovviamente non ha pagato, convalida lo sfratto, assegnando un termine per il rilascio, che ovviamente non viene mai spontaneamente rispettato».
Ma la realtà è sempre più complicata. «L’udienza non viene mai fissata dopo tre mesi precisi, ma dopo più tempo, in base anche al calendario del giudice - ha continuato l’avvocato -. Bisogna quindi procedere all’apposizione della formula esecutiva sul provvedimento di convalida, alla notifica del precetto e poi, decorsi ulteriori 10 giorni dalla notifica del precetto, alla notifica dell’avviso di sloggio». Ed è con questo atto che l’ufficiale giudiziario fissa la data del rilascio forzoso. Ma, proprio come nel caso della famiglia bresciana, se ci sono minori o altre situazioni di fragilità spesso viene ulteriormente rinviato.
Problemi economici
Oltre all’iter, che può protrarsi anche per anni, ci sono gli aspetti economici. Un piccolo proprietario dovrà comunque pagare le tasse sul canone non riscosso, l’Imu, le spese condominiali e i costi delle utenze. «In verità le tasse le paga sino al deposito del provvedimento di sfratto, ma solo per l’abitativo - ha aggiunto Vecchio -. La situazione fiscale per il proprietario è comunque svantaggiosa perché bisogna fare riferimento alla emissione del provvedimento di sfratto. Se questo avviene dopo il 30 novembre, i canoni non riscossi prima di tale data vanno dichiarati e su questi bisogna pagare le imposte con diritto alla detrazione nell’esercizio successivo come credito di imposta».
Altri risvolti da non sottovalutare, soprattutto per dei privati che hanno fatto dei sacrifici per acquistare un’abitazione, sono i danni. «Purtroppo, molto spesso vengono lasciati gli immobili, anche solo per dispetto per avere ricevuto lo sfratto, bollette arretrate, danni ai vicini - ha spiegato Branciforti -. Spesso il proprietario deve pagare un’impresa per fare ripulire o svuotare il proprio immobile e poi per farlo sistemare (infissi, muratura, mattonelle, sanitari, infiltrazioni). Sovente bisogna ricorrere al fabbro ed alla forza pubblica per poter accedere all’immobile alla presenza dell’ufficiale giudiziario». Infine: oltre al danno la beffa. «Il proprietario viene nominato custode dei beni dell’inquilino, quindi legalmente non può semplicemente buttarli in discarica - ha concluso -. Ad esempio a me era capitato di un inquilino che aveva lasciato l’auto con fermo amministrativo ed è stato un grossissimo problema farla rimuovere (altre spese legali per il mio cliente)».
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