Seggi vuoti, aule piene: la politica torna a scuola per recuperare terreno (e voti)

Riscoperta e successo dei corsi di formazione per riconquistare fiducia, elettori e finanziamenti
Una scheda elettorale - © www.giornaledibrescia.it
Una scheda elettorale - © www.giornaledibrescia.it
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Un po’ per fare breccia e per reclutare nella platea dell’elettorato «under», un po’ per schivare possibili figuracce da parte dei debuttanti in carica, ma un po’ anche per rimpinguare le casse grazie alle rette delle iscrizioni: nei partiti (ma non solo) sono tornate di gran moda le scuole di formazione politica. Un treno partito in sordina, ma che sta via via arruolando nuovi vagoni, nuove sigle pronte a formare la propria classe dirigente o i propri potenziali elettori.

Sullo sfondo, per il momento, restano due immagini contrapposte: le aule piene, le urne vuote. Mentre cioè la partecipazione (e quindi anche l’interesse) alla formazione politica cresce, anche nelle ultime tre tornate elettorali (Politiche, Regionali, Comunali) i seggi sono rimasti in larga parte poco frequentati.

Alle origini

Dopo anni di galleggiamento, in cui i partiti si sono aggrappati con entusiasmo alle liste civiche trasformandole spesso in stampelle elettorali non dichiarate (e nel tempo smascherate dagli stessi elettori), si torna quindi alle origini: «politique d’abord», la politica innanzitutto, per dirla con le parole del leader socialista Pietro Nenni. Tutti hanno capito che il vuoto elettorale è la cicatrice tangibile di una sfiducia che va ricostruita. E non basta mai solo il contenitore: vivere di rendita si può, ma c’è una data di scadenza. Per avvicinare, per cambiare passo, per andare avanti e non stagnare bisogna sempre partire dal contenuto.

Ecco allora che alla fine di novembre si alza il sipario su «Auryn», la scuola targata Fratelli d’Italia e sviluppata su dieci lezioni nella sede del partito, in piazzale Corvi: a dirigerla è Guido Bonomelli, docente universitario, manager pubblico, già amministratore, affiancato da un Comitato scientifico. Azione debutterà sempre a Brescia dall’1 al 3 dicembre (tra i relatori ci saranno anche Enrico Mentana, Alessandro Tommasi, Carlo Cottarelli, Bianca Arrighini e Livia Viganò).

Sabato e domenica scorsi, sempre il nostro capoluogo è stato al centro della prima scuola di formazione regionale dei Giovani democratici della Lombardia, organizzata con il sostegno del gruppo parlamentare europeo dei Socialisti e Democratici. Italia Viva mantiene la tradizione dei corsi estivi rivolti agli under 35: nel 2021 la formazione si era tenuta a Ponte di Legno, nel 2023 a Palermo, ora si pensa già al programma 2024. La Lega ha inaugurato questo percorso nel 2015 e sta raccogliendo le iscrizioni per la nona edizione: andrà in scena a Roma (27e 28 gennaio, 24 e 25 febbraio e 23 e 24 marzo).

Quella targata Lega e coordinata dall’ex senatore Armando Siri è la scuola che finora ha incassato più successo (2.500 studenti per 1,5 milioni di euro incassati in otto anni), insieme alla «Scuola di Politiche» (SdP), fondata nel 2015 dall’ex segretario del Pd Enrico Letta (seppur non sia direttamente collegata ai dem). Il rinnovato interesse dei partiti verso la formazione è insomma evidente. A contribuire è stato anche il successo riscontrato negli ultimi anni dai corsi organizzati da associazioni, organizzazioni e fondazioni non legate alle sigle: un esempio è Prime minister, un percorso completamente gratuito promosso da un Comitato locale e rivolto a ragazze tra i 14 e i 19 anni.

Rappresentanza

I partiti hanno capito che per sopravvivere a livello elettorale serve concretamente raccogliere nuovi iscritti e sostenitori, soprattutto tra i giovani, ricostruendo fiducia e competenza interna alla classe dirigente.

Quello che resta ancora da superare, però, è lo scoglio della rappresentanza. Alle ultime elezioni nazionali i candidati giovani nelle liste si contavano sulle dita di una mano: solo il 15% era under 40, solo il 3% under 30. È difficile che i giovani possano sentirsi vicini a una classe dirigente politica percepita nel suo insieme anagraficamente distante. I vertici dei partiti insistono spesso sulla necessità di un rinnovamento, ma la sensazione finora è che al loro interno continuino a perseguire l’autoconservazione.

Non a caso, nella prima metà del Novecento le scuole di partito sono nate con l’obiettivo dichiarato di creare un meccanismo continuo di ricambio generazionale interno. La più famosa è senza dubbio la scuola di Frattocchie del Partito Comunista, un passaggio obbligato per chi aspirava di fare la carriera da dirigente di partito. L’intento esplicito era infatti formare i nuovi dirigenti territoriali che avevano il compito cruciale di fare da raccordo tra la base e il vertice.

Oggi, la gran parte della platea di allievi delle scuole di partito è composta da persone che sono già amministratori locali e che vogliono imparare materie e normative, conoscere politici nazionali, a volte anche appartenenti ad aree politiche diverse dalla propria. 

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