Sanremo, urge far voto di vastità

Se qualcuno ha pensato che alcuni artisti abbiano esagerato è meglio sorvolare, poiché è come ammettere di essere dei boomer
L'ingresso di Chiara Ferragni sul palco del Teatro Ariston - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso di Chiara Ferragni sul palco del Teatro Ariston - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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L’onda polemica sul Festival si è sgretolata contro gli ascolti. Per gli organizzatori è stato un grande successo, a poco contano le critiche alla conduzione che ha trasformato il tempio della musica popolare in un pot-pourri di genio e sregolatezza.

Il mio vecchio professore di latino sarebbe rimasto basito guardando lo stile fluido di alcuni cantanti. Non avrebbe sopportato le parolacce, i gesti e i baci fuori programma. Ci definiva per molto meno: «oves et boves et universa pecora». L’outfit di alcuni artisti sembrava studiato più per tramortire che per colpire. Se qualcuno ha pensato che abbiano esagerato è meglio sorvolare, poiché è come ammettere di essere dei boomer. Se per un attimo avete pensato che del pudore sono rimaste solo le sementi, sotterrate sotto una cascata di paillettes rosa cucite per ricamare le parti intime, sarete considerati anticaglia. Le vostre opinioni vi faranno inserire nella lista di quanti non capiscono i giovani illuminati e alternativi. Le perplessità saranno scambiate per reticenza e sarete presi per dei retrogradi oscurantisti.

Alla scritta «pensati libera» stampata sulla stola di Chiara Ferragni, a mio avviso mancava una virgola. «Pensa, ti libera», sarebbe stato più appropriato per lei che, utilizzando abiti manifesto e sculture gioiello, ha inteso far passare dei concetti forti che sono stati presi come verità assolute da un’infinità di followers. Però quella frase l’ha rivendicata un artista di strada di Bologna e qualche dubbio nasce sull’autenticità delle intenzioni. «Non sono nuda, questo vestito non è trasparente, è il disegno del mio corpo» ha chiosato l’influencer. Pare che neanche questa idea sia sua, come non lo sarebbe nemmeno dello stilista. Qualcuno dice che sia una rilettura del quadro «il vestito nell’armadio» di Renè Magritte. Chissà?

Convengo però con lei che l’abito non è determinante, infatti ci sono donne che vengono stuprate pur indossando una vecchia tuta. Lo sanno bene le operatrici delle case rifugio per le vittime di violenza che ha portato a contorno sul palco. Ognuna ha il diritto di vestirsi come vuole, ma quel ricamo, definito stupefacente e surrealista, qualche dubbio lo suscita. A tutti coloro che rappresentano un modello per gli altri dedico le parole di Alessandro Bergonzoni il quale, come Pulcinella, scherzando dice la verità: «Urge grandezza, non manie di grandezza. Urge andare dentro le cose, andare oltre. Urge altro. Urge fantasia. Urge far voto di vastità!».

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