Rsa bresciane: «Pronti alla riapertura», è conto alla rovescia

In arrivo l’ordinanza del Governo: sì alle visite dei familiari vaccinati, guariti o con tampone negativo
Loading video...
LE RSA CHIEDONO LA RIFORMA
AA

«Siamo prontissimi a riaprire a visitatori e familiari le nostre residenze secondo le nuove regole che saranno stabilite dal Governo». Anche perché ricalcano esattamente quelle proposte tempo fa dalle Rsa bresciane alla Regione. «Oggi saremmo già nella fase operativa, ma abbiamo atteso visto che la questione sta per essere risolta».

A parlare è il dottor Giambattista Guerrini, referente Covid della Rsa Arici Sega di San Polo. Dunque, dopo la conferenza Stato-Regioni di ieri, arriva la novità attesa: nei prossimi giorni (questione di ore dicono fonti vicine al ministro Roberto Speranza) un’ordinanza del Governo darà il via libera alle visite agli anziani nelle case di riposo. Potranno entrare parenti e visitatori in possesso della Certificazione verde Covid 19 oppure in una delle condizioni previste dallo stesso documento (e comprovabili): vaccinazione avvenuta (doppia dose), guarigione dal virus, tampone molecolare negativo nelle 48 ore precedenti.

La stanza degli abbracci - Foto © www.giornaledibrescia.it
La stanza degli abbracci - Foto © www.giornaledibrescia.it

Le Rsa dovranno prevedere modalità organizzative diverse per ognuna delle tre situazioni. Un sovraccarico (che si aggiunge ai tanti già sopportati in conseguenza del virus), benvenuto, comunque, per i benefici che gli anziani avranno dal poter incontrare di nuovo i parenti in presenza dopo mesi. Da una parte la pandemia ha messo in rilievo il ruolo sempre più centrale delle Rsa nella cura degli anziani (sono praticamente reparti ospedalieri di geriatria), dall’altra ha reso ancora più urgente la necessità di una riforma del sistema regionale.

Riforma. Ne sono convinti i responsabili dell’Upia (l’Unione provinciale istituti per anziani), che rappresenta quasi tutte le cento Rsa bresciane (97 del terzo settore senza scopo di lucro e tre private). Il 2020 è stato un anno difficile e drammatico, sottolinea il presidente di Upia, Lucio Mastromatteo. «Gli amministratori - commenta - hanno vissuto un senso di abbandono e l’impegno richiesto per fare fronte alla pandemia ha necessitato di risorse straordinarie per rispondere alle richieste di riorganizzazione interna». Serve un cambio di modello, ribadisce la segretaria dell’Upia (e direttrice dell’Arici Sega) Chiara Benini. «È dagli anni Novanta che aspettiamo un disegno strategico sulla popolazione anziana fragile, adeguato all’evoluzione demografica», aggiunge Elisabetta Donati, presidente della FondazioneCasa Industria. Si deva cambiare, dice Giacomo Mantelli, presidente di Fondazione Brescia Solidale, considerando «l’importanza dell’integrazione socio-sanitaria e sociale territoriale». Chiara Benini illustra le criticità, solo più esaltate dalla pandemia.

Risorse. L’interlocutore è la Regione Lombardia. Alle Rsa servono più risorse da destinare al capitolo spesa sanitaria, perché i bisogni degli anziani sono crescenti e l’assistenza è ormai a livello ospedaliero. Servono anche più infermieri. Occorrono interventi strutturali: il Covid ha messo in evidenza come ci sia necessità di stanze singole (e quindi di aiuti per questa trasformazione). Più in generale, spiega Benini, «le Rsa, diffuse capillarmente sul territorio, devono essere protagoniste della presa in carico e dell’attuazione delle politiche di integrazione socio sanitaria e sociale rivolte alla popolazione anziana». Non solo. «Le Rsa - dice Donati - non possono essere solo un ospedale. Accanto all’assistenza serve la cura, coniugando gli aspetti clinici con quelli etici perché gli anziani conservino il senso della vita». Non c’è una contrapposizione fra Rsa e assistenza domiciliare: «È un falso problema. Ci deve essere continuità nell’ambito di una presa in carico globale dell’anziano fin da quando non è più autonomo nella sua casa».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato