Rientro a scuola con sciopero: per cosa protestano gli insegnanti

La protesta lunedì dopo la sentenza che esclude i diplomati dagli elenchi per l’immissione in ruolo
Studenti oggi, cittadini domani - © www.giornaledibrescia.it
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Finiscono le vacanze, ma la ripresa delle lezioni non è assicurata per domani, lunedì 8 gennaio, nelle scuole primarie e dell’infanzia, per lo sciopero di maestri e maestre.

La protesta degli insegnanti che vedono allontanarsi o vanificarsi la prospettiva di una stabilizzazione dopo il recente pronunciamento del Consiglio di Stato in seduta plenaria ha animato diverse città nei giorni scorsi e sarà portata lunedì prossimo a Roma, davanti al Ministero dell’istruzione. Sit-in sono annunciati in contemporanea in varie sedi, per molti docenti bresciani il punto d’incontro è davanti alla sede dell’Usr a Milano.

Non ha infatti dato esiti soddisfacenti l’incontro di giovedì pomeriggio tra i sindacati più rappresentativi e gli esponenti del Ministero dell’istruzione: resta perciò confermato lo stato d’agitazione che alcune sigle avevano proclamato fin dal 20 dicembre, subito dopo la sentenza che i Cobas definiscono «vergognosa» e che per la Cgil «segna una pagina terribile della storia della scuola e del reclutamento in Italia».

Prima dell’istituzione della laurea in Scienze della formazione, infatti, bastava il diploma specifico per entrare nelle graduatorie che davano accesso al ruolo. Dal 2007 ai diplomati è stato precluso l’accesso alle graduatorie divenute «ad esaurimento»: solo con il ricorso alla magistratura si è ottenuto il riconoscimento del valore abilitante del titolo conseguito entro il 2002, e su questa base si è chiesta l’immissione nelle Gae. Oggi sono 43.600 gli iscritti nelle graduatorie in Italia e più di seimila (prevalentemente al Nord) hanno ottenuto il ruolo, con sentenza definitiva o con riserva in attesa della sentenza di merito. A Brescia si contano circa 250 docenti assunti a tempo indeterminato dalle Gae con riserva, dei quali una buona parte ha superato positivamente l’anno di prova. Altri 400 diplomati insegnano con contratto a tempo determinato. Per i primi si profila di fatto il ritorno al precariato, per i secondi si vanifica la speranza di stabilizzazione. Il tutto va comprensibilmente a discapito della continuità didattica, in una situazione che vede più posti liberi che aspiranti con titolo. 

Dall’incontro al Ministero è emerso l’impegno a far concludere ordinatamente l’anno in corso e ad avviare «una riflessione generale sul meccanismo di reclutamento», guardando anche alla soluzione già adottata per la scuola secondaria, che prevede una fase di transizione. Seguiranno altri incontri, sulla base degli approfondimenti che il Ministero ha chiesto all’Avvocatura dello Stato, mentre alcune sigle già prospettano ulteriori ricorsi. «Non si può pensare di cancellare un’intera categoria di lavoratori che in molti casi operano già da anni nella scuola. L’Amministrazione dovrà trovare una soluzione che riconosca i diritti di tutti e non lasci a casa nessuno» dice il comunicato congiunto diffuso, al termine dell’incontro, dai sindacati della scuola di Cgil, Cisl, Uil con Snals e Gilda.

 

 

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