Riciclaggio con il Lotto e 'ndrangheta: chiusa l’indagine

Un mese dopo gli arresti la Procura ha già messo il punto. Contestata anche l’associazione mafiosa
Il procuratore capo Prete e il sostituto Cassiani
Il procuratore capo Prete e il sostituto Cassiani
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Trenta pagine firmate in tempo record. Meno di un mese dopo i 14 arresti dello scorso 2 novembre la Procura ha già chiuso le indagini sull'operazione Scarface, l'inchiesta lunga tre anni che ha portato alla luce la presunta associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro attraverso soprattutto il gioco del Lotto.

«Segnalata la vincita da tabaccai compiacenti, il soggetto che deve riciclare paga in contanti il vincitore, si fa registrare la schedina dai Monopoli di Stato e pulisce il denaro» è il sistema spiegato da chi ha indagato.

Ma dal lavoro degli inquirenti sono emersi anche alcuni rapporti pericolosi con esponenti della ’ndrangheta e soprattutto tra l’imprenditore delle tv nel cremonese e villa a Erbusco, Francesco Mura e Giuseppe Pangallo, membro della ’Ndrina Barbaro-Papalia. Mura ha fin qui ammesso i reati fiscali contestati, spiegato che l’amicizia con Pangallo dura da tempo, ma ha negato gli interessi economici sull’asse Lombardia-Calabria. 

Sono 27 le persone che avranno ora venti giorni di tempo per farsi interrogare o per presentare memoria scritta. Per convincere a non chiedere il rinvio a giudizio, il pm Roberta Panico, che con il collega Ambrogio Cassiani, trasferitosi nel frattempo alla Procura a Velletri, ha firmato la chiusura indagini. Rispetto ad un mese fa i coinvolti sono due in meno perché una coppia ha già patteggiato, vale a dire marito e moglie che nel marzo 2013 avevano accettato di intestarsi un bar di Milano, poi raggiunto da interdittiva antimafia, e che in realtà era nelle mani di un altro coinvolto, Cristiano Barbi, attualmente in carcere.

Complessivamente sono 54 i capi di imputazione contestati e le accuse a vario titolo vanno dal trasferimento fraudolento di denaro, al riciclaggio, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, indebito utilizzo di carte di credito, illecita concorrenza. Oltre a corruzione e accesso abusivo al servizio informatico, reati contestati all'ex comandante della Polizia stradale di Chiari Sergio Motterlini e al carabiniere, sempre di Chiari, Nicola Firrarello, entrambi sospesi dall'esercizio della funzione di pubblico ufficiale. 

Nel quadro tracciato nell'atto di chiusura indagini i magistrati bresciani mettono in primo piano le figure di Francesco e Mario Mura, padre e figlio, Maria Alda Emilia Dizoli e Elisa Salerno, «braccio destro di Mura» la prima e «gestore contabile che predisponeva la fantasiosa documentazione fiscale» la seconda.

E poi Gabriella Corsini, titolare del bar la Sfinge di Roncadelle ora sotto sequestro e ritenuta «personaggio chiave per l’attività di riciclaggio e per il trasporto di fondi neri a Montecarlo», Andrea Bigi, considerato «l’organizzatore dell’attività associativa fino al marzo 2018 e che coadiuvava in tutto e per tutto Francesco Mura» e infine Cristiano Barbi, grazie al quale «Mura ha potuto riciclare più di 300mila euro provenienti dai reati tributari». Sono i sette ai quali viene contestata l'associazione a delinquere di stampo mafioso. «Hanno commesso i reati - scrive la Procura - anche al fine di agevolare la locale di ’ndrangheta Barbaro Papalia».

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