Regionali, Sgarbi (Noi Moderati): «Se eletto mi dimetterò, ma indicherò l’assessore alla Cultura»

Il sottosegretario alla cultura: «Brescia-Bergamo Capitale della cultura: mi aspetto votino per la mia lista che si chiama Rinascimento»
Rinascimento della cultura.  Vittorio Sgarbi durante una recente visita alla Pinacoteca Tosio-Martinengo
Rinascimento della cultura. Vittorio Sgarbi durante una recente visita alla Pinacoteca Tosio-Martinengo
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Ha attaccato il logo di Bergamo-Brescia Capitale della cultura («è di insolente bruttezza» le sue parole), ma a Brescia e Bergamo cerca i voti per arrivare in Consiglio regionale. Dove comunque non resterà anche qualora venisse eletto. Contraddizione in termini. Una fotografia perfetta di Vittorio Sgarbi, all’ennesima sfida politica. Da sottosegretario alla cultura del Governo Meloni, il noto critico d’arte è capolista anche a Brescia della lista «Noi Moderati Rinascimento Sgarbi».

Professore, ha presentato la lista all’ultimo giorno utile. Perché ha deciso di scendere in campo?

«La scelta parte da lontano, dalla pandemia. Come ho sempre sostenuto ai tempi del Covid, la cultura non andava chiusa. E oggi la cultura è al centro dell’attenzione dei cittadini di Bergamo e Brescia e la mia lista è l’unica che indica un riferimento chiaro: la cultura come riscatto. Da qui il nome Rinascimento dato alla mia lista che ho presentato in Lombardia e nel Lazio».

Non lo ha fatto per dare una stampella in più alla coalizione di centrodestra? Un aiuto in più a Fontana?

«No. Fontana avrà un risultato ottimo e lo avrebbe avuto anche senza me. Questa lista poi c’era già alle politiche e si chiamava "Noi Moderati"; io l’avevo però guardata con perplessità perché non aveva nessuna idea. "Noi moderati" era come dire "un po’ più caldo", "un po’ più tiepido", "un po’ più freddo". È uno stato fisico, non è un elemento sostanziale. Mi hanno ascoltato e quindi per le regionali abbiamo creato finalmente la lista Rinascimento che è un’idea che ho in mente da sempre».

A che percentuali punta?

«Sicuramente andremo meglio di come sono andati alle politiche, quando hanno preso lo 0,9%. Credo ci attesteremo tra il 2-3%».

Vi inserirete nella competizione interna tra Fratelli d’Italia e Lega. Come finirà?

«Non so se la Lega ne uscirà ridimensionata. Il problema che mi pongo io è che i voti che usciranno dalla Lega non vadano soltanto a Fratelli d’Italia secondo un’affinità che arriva dai tempi dei governi Berlusconi. Spero che alcuni voti arrivino a noi da città come Brescia e Bergamo che sono Capitale della cultura. Soprattutto arrivino da Brescia che deve diventare un luogo di turismo come lo è già Bergamo, che ha investito sulla sua bellezza. Oggi per Brescia la cultura deve fare da traino anche all’economia ed una lista come la nostra che indica il Rinascimento come sua chiave può essere la valvola di sfogo per chi non si vede più in formazioni politiche conosciute o in un movimento come la Lega che ha avuto un travaglio complesso».

Perché un bresciano dovrebbe dare un voto a Vittorio Sgarbi?

«Ci sono partiti chiamati come degli inni, Forza Italia e Fratelli d’Italia, senza che essi definiscano il loro obiettivo e la loro visione. E la visione è testimoniata dagli uomini. È difficile immaginare una maggiore compatibilità e immersione di Sgarbi dentro il Rinascimento. Io identifico quella denominazione per quello che ho fatto a favore della cultura e dell’arte anche in Lombardia. Sono il candidato più conosciuto tra tutti quelli che ci sono in Lombardia; sono l’unico esponente del Governo che si è messo in gioco. Può bastare?».

Potrebbe, ma legami con il territorio non ne ha...

«E allora le dico che il mio nome è simbolo di carattere personale e libertà. Credo che non sia difficile immaginare perché un lombardo scriverà il mio nome sulla scheda: perché vuole una figura ribelle all’interno di un’area in cui c’è la tendenza all’omologazione. La ribellione non è solo dell’opposizione, ma è anche propria di uno che vuol farsi sentire. Ho sempre manifestato uno spirito critico, anche in tempo di Covid, e il mio nome rappresenta l’autonomia di pensiero. Credo che un elettore debba trovare qualcuno che sa chi è e non votare solo un nome. Chi avrà una questione cara, troverà in me un paladino. Anche di casi difficili».

Se venisse eletto resterebbe in Consiglio regionale?

«Stabilirò sicuramente una cabina di regia tra Governo e le due regioni italiane in cui sono candidato, ovvero Lazio e Lombardia. L’obiettivo sarà quello di far dialogare il sottosegretario alla cultura con assessori e sindaci in tema di cultura anche per far muovere le mostre. Qualora dovessi essere eletto non credo però che resterò in consiglio, ma sarò il riferimento per la cultura. Anzi, l’assessore alla cultura lo indicherò io e il candidato che dopo di me avrà preso più voti potrà entrare al mio posto. La mia è una candidatura di servizio».

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