Quell'unico delitto irrisolto nell'estate di sangue di 10 anni fa

Nell'estate di sangue del 2006 un unico delitto restò irrisolto: quello del pakistano ucciso in via Bianchi, forse per rapina, il 22 agosto
  • Delitto di via Bianchi, unico irrisolto dell'estate 2006
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Quella di dieci anni fa resterà negli annali della cronaca nera come una delle estati più nefaste della storia di Brescia. In poco più di un mese - tra l'11 agosto e il 19 settembre - nella nostra provincia persero la vita in modo violento ben nove persone. Per otto di loro, le responsabilità furono acclarate. Per una manca tuttora un nome da rubricare alla voce colpevole.

Gli anniversari fanno scorrono come in una sequenza da brivido i nomi delle vittime, cifra di vite spezzate prematuramente da ormai due lustri: ci sono quelli della giovane pakistana Hina Saleem, uccisa l'11 agosto 2006 da padre e zio; di Elena Lonati, la ragazza di Mompiano il cui cadavere fu rinvenuto in chiesa, dove a toglierle la vita fu il giovane sacrestano cingalese Chamila; del pittore Aldo Bresciani che quasi nelle stesse ore trovava la morte nella sua abitazione di via Solferino per mano del marocchino Hanine Chafik, poi recluso in ospedale psichiatrico giudiziario.

La pagina più terribile resta quella della strage Cottarelli: Angelo, la moglie Marzene e il figlio Luca furono barbaramente uccisi nella loro villetta di via Zuaboni, a Urago Mella, la mattina del 28 agosto di dieci anni fa. Al centro di un altalenante iter giudiziario sono sempre stati i due cugini Vito e Salvatore Marino, nipoti di un boss della mafia di Paceco (ora irreperibili), cui Cottarelli doveva dei soldi, e il loro grande accusatore, Dino Grusovin, detto l'architetto, che nelle villetta del massacro entrò in veste di contabile.

Al 19 di settembre, infine, risale l'ultima dolorosa pagina dell'estate maledetta, quell'episodio di omicidio-suicidio che a Cedegolo costò la vita ad una tranquilla coppia di coniugi sessantenni, Francesco Pedretti e Maria Zimatti.

Unico capitolo dell'agosto criminale che attende ancora che venga scritta la parola fine in calce, è quello costato la vita a Muhammad Ilyas, il pakistano 48enne che venne ucciso a coltellate la sera del 22 agosto - dieci anni fa come oggi - in via Bianchi, tra Brescia Due e via Cremona, a pochi passi dall'Istituto Zooprofilattico e dalla nuova caserma dei Carabinieri di Lamarmora, allora già completata ma ancora chiusa a causa di lungaggini burocratiche. L'uomo era davanti alla palazzina in cui viveva e fu raggiunto da più fendenti attorno alle 22 di sera che gli risultarono fatali.

Cosa si celasse dietro quelle coltellate resta un mistero: il 48enne, operaio in un'azienda di Castiglione delle Stiviere, non aveva ombre nel suo passato, né ruggini particolari con conoscenti o connazionali. L'ipotesi che prevalse allora negli uffici della Squadra Mobile fu quella di una rapina sfociata nel sangue, magari per una reazione imprevista della vittima. Forse non lo si saprà mai. L'unica certezza è quella tomba in cui riposa Muhammad Ilyas in Pakistan, dove giunse dopo esequie partecipatissime alla moschea della comunità pakistana di Brescia.

 

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