Profughi ucraini, non c'è nessuna emergenza sanitaria

La metà dei circa 4.000 presenti è ospitato dalle famiglie. Solo cinquanta i positivi al Coronavirus
I profughi in arrivo sono quasi tutti donne e bambini - © www.giornaledibrescia.it
I profughi in arrivo sono quasi tutti donne e bambini - © www.giornaledibrescia.it
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I problemi di salute non sono la preoccupazione principale dei profughi di guerra arrivati nel Bresciano e già sottoposti alle visite mediche di routine. Infatti, dei 4.000 ufficialmente rendicontati dalle Agenzie di tutela della salute nella nostra provincia (di questi, la metà sono ospitati da famiglie ucraine o italiane), sono 108 le persone con patologie pregresse.

Anche sul fronte Covid, la positività riscontrata è molto bassa: cinquanta positivi su 1.809 tamponi effettuati. Dato che si conferma a livello regionale: su un totale di 6.628 tamponi, i positivi sono 142 e i debolmente positivi 14. Problema, dunque, molto contenuto. Entro 48 ore dal loro arrivo, sono previsti tamponi antigenici o molecolari ed è offerta gratuitamente la possibilità di iniziare o completare il ciclo vaccinale anti-Covid.

Il monitoraggio

L’invezione da Coronavirus richiede, certo, un monitoraggio costante, ma l’attenzione delle autorità sanitarie si focalizza soprattutto sui minori (1.800 quelli registrati finora, quasi la metà delle presenze ufficiali, anche se il numero fotografa solo una quota delle presenze che gli osservatori stimano essere il doppio) per i quali, in base alla legge 119 del 2017, è prevista la vaccinazione contro le malattie a rischio epidemico quali poliomielite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, influenzale, morbillo, rosolia, parotite e varicella. Tutti i profughi di guerra registrati, a prescindere dallo stato vaccinale comprovato da eventuale documentazione in loro possesso, sono sottoposti ad un test che escluda la positività alla tubercolosi.

Sanità gratuita

L’assistenza sanitaria sul territorio lombardo è garantita gratuitamente a tutti i cittadini provenienti dall’Ucraina e in fuga dalla guerra, che abbiano necessità sanitarie per patologie acute o croniche. Ad oggi (dato regionale) le persone ospitate in Covid hotel in quanto positive al SarsCov2 sono dieci, di cui quattro minori. Come avviene nel resto del Paese, i profughi possono accedere a tutti i servizi erogati dal Servizio sanitario nazionale, incluse visite e cure specialistiche, come quelle dedicate ai malati oncologici. Le donne in gravidanza e i minori vengono iscritti al Servizio sanitario; agli altri, al momento, viene rilasciato un codice Stp (straniero temporaneamente presente) che garantisce l’accesso alle prestazioni.

L’Organizzazione mondiale della Sanità, esprimendosi proprio sulle priorità per la sanità pubblica nell’aggiornamento sull’emergenza in Ucraina del 17 marzo, individua tre elementi. La gestione delle ferite o traumi legati al conflitto, esigenze sanitarie materno-infantili (assistenza alle donne in gravidanza o che hanno partorito da poco, problemi sanitari di neonati e bambini). Infine indica le criticità connesse alla sicurezza alimentare e alle carenze nutritive derivanti dal non aver avuto accesso da diversi giorni ad acqua potabile e cibo.

Tempestività

In un articolo pubblicato venerdì scorso sulla rivista scientifica Lancet dalla Società italiana di Medicina delle Migrazioni si raccomanda che «un’assistenza sanitaria tempestiva e adeguata per i rifugiati ucraini in tutti i Paesi europei di accoglienza dovrebbe considerare le problematiche di salute pubblica prebellica, in modo da identificare azioni prioritarie per affrontarle e garantire la continuità delle cure all’interno dei Paesi».

Che fare? «Sviluppare un sistema di sorveglianza delle sindromi per valutare tutti i bisogni sanitari, compresi quelli delle malattie non trasmissibili e della salute mentale; rafforzare le vaccinazioni, garantendo la protezione da Covid-19; facilitare il contenimento delle epidemie di poliomielite e morbillo e promuovere un’adeguata copertura vaccinale per età garantire un continuum delle cure per le malattie non trasmissibili e le malattie infettive croniche ; tutelare la salute mentale con un’adeguata mediazione linguistica e culturale, incoraggiando il ricongiungimento familiare dei rifugiati quando le condizioni della guerra e degli spostamenti lo rendono attuabile.

Ancora: rafforzare i sistemi di informazione sanitaria europei per i profughi ucraini, anche tramite strumenti digitali, per facilitare la gestione delle malattie croniche e la continuità assistenziale transfrontaliera».

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