Profughi, 100 al giorno: ora l’emergenza è anche abitativa

Poco più di quattromila: tanti sono i profughi della guerra in Ucraina arrivati nel Bresciano e regolarmente registrati in Questura. Un numero destinato a salire dal momento che ogni giorno negli uffici di via Botticelli viene rilasciato, in media, un centinaio di documenti di soggiorno. «Sotto il profilo organizzativo, la situazione si sta normalizzando dopo la prima settimana in cui si è reso necessario allestire l’accoglienza in fretta e furia - spiega il portavoce della Questura -. Dopo l’iniziale importante afflusso, oggi gestiamo un centinaio di pratiche per l’emergenza ucraina. Non sono poche, certo, considerato che continua il flusso anche di altri immigrati». Non dovrebbero esserci discrepanze tra i dati della Questura e quelli forniti dalla Regione, con il dettaglio della rendicontazione sulle presenze, l’età, lo stato di salute e la situazione abitativa. Ed è proprio quest’ultimo aspetto a creare adesso la maggiore preoccupazione.
Manca la casa
Ad oggi, oltre il 60% dei profughi è ospitato da familiari e parenti già residenti nel Bresciano. Con il trascorrere del tempo, tuttavia, anche queste persone hanno bisogno di una loro autonomia. «Il bando prefettizio dello scorso 17 marzo chiedeva di aggiungere posti pari al 20% di quelli che già gestivamo nei Centri di accoglienza straordinaria. Ebbene, i 38 aggiunti sono stati attivati dalla Prefettura il 25, otto giorni dopo - spiegano dalla Caritas -. Per gli ottanta posti ulteriori messi a disposizione, invece, non abbiamo ancora alcuna notizia ufficiale. Speriamo che, in vista dell’aumento del bisogno, si possano velocizzare le assegnazioni». Che vanno a rilento anche nell’abbinamento tra profughi e famiglie bresciane che hanno dato la loro disponibilità ad accogliere registrandosi su modulo della Prefettura.
Previsioni
Previsioni? Difficili farne. La guerra prosegue e le persone continuano a lasciare un Paese in gran parte distrutto. Vi è testimonianza, tuttavia, anche di profughi che ritornano in Ucraina, magari per poco tempo. «Ho lasciato la mia casa e sono fuggita. Ora so che il mio Paese, che si trova nella zona occidentale, a nord di Leopoli, non è stato bombardato dalle forze russe. Provo a tornare, poi si vedrà» ci racconta Olha. Del resto, i documenti che vengono rilasciati ai profughi di guerra permettono loro di muoversi liberamente all’interno dei Paesi dell’Unione europea, Ucraina inclusa.
C’è chi ritorna
Il desiderio di tornare a casa, comunque, prevale su tutto. Ce lo raccontava qualche giorno fa anche Anna, cardiologa ucraina: «Tutti i connazionali che incontro, fuggiti a causa della guerra come me, vogliono tornare in Ucraina al più presto».
Paradosso badanti
Alla tragedia, si aggiunge il paradosso badanti: ci sono donne ucraine che vivono e lavorano da anni nel Bresciano come colf o badanti e sono clandestine. In realtà, nell’estate del 2020 avevano sperato in una regolarizzazione presentando la domanda di sanatoria insieme ai loro «datori di lavoro». Le richieste bresciane sono state circa tremila, la maggior parte delle quali da persone provenienti dall’Ucraina. Per la quasi totalità, senza risposta. Il paradosso è che oggi, per avere i documenti in quanto profughe, non basta essere ucraine. Devono tornare nel Paese bombardato e poi ripartire. Solo allora saranno persone provenienti da un paese in guerra.
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