Presidente a cent’anni: «Donna Marta» è di parola

Marta Damiano è una donna di parola: alle amiche-socie che glielo chiedevano da sempre aveva promesso che solo a cent’anni avrebbe accettato di diventare presidente dell’Inner Wheel Vittoria Alata Carf e ora che l’ambito compleanno è vicino ha detto «sì». Il club benefico del quale fa parte, del resto, «è la mia seconda famiglia - commenta lei -: mi ha sempre rispettato e voluto bene e mi ha dato la forza per andare avanti. Volentieri ne divento la presidente per un anno».
La cerimonia del «passaggio del collare» avverrà lunedì nella villa di San Felice, di sua proprietà, che vanta la vista migliore del lago di Garda. A dimostrazione dell’affetto che provano per lei hanno già confermato la propria presenza 23 delle 30 socie del sodalizio che compie 25 anni. «Donna Marta», così la chiamano tutti, ha invitato anche la presidente internazionale Ebe Martines, la governatrice del distretto 206 Baldassi Pletti, la prefetta Maria Rosaria Laganà, il presidente del Rotary club Vittoria Alata Patrizio Campana e la direttrice del GdB Nunzia Vallini.
Viaggi e burraco
Nata a Canosa di Puglia, Marta compirà cento anni a dicembre. Nella sua vita, prima di approdare a Brescia, dove abita durante i mesi invernali, ha viaggiato molto col marito Guido Damiano, questore a Cremona e Trento e poi prefetto, morto 21 anni fa: «Abbiamo vissuto a Napoli, dove è nato il nostro figlio Maurizio, deceduto due anni fa, e in Toscana, dove è nata Valeria, vedova del politico Guido Alberini, una persona splendida, come Maurizio». Oggi Marta è una 99enne arzilla che usa gli occhiali soltanto per leggere. Una donna piena di interessi (il club, il burraco, i libri...) circondata dall’amore e dalla stima della figlia, della nuora, dei quattro nipoti, dei cinque «splendidi», ci tiene a sottolinearlo, pronipoti e di Marina, la donna ucraina che la segue nelle faccende casalinghe.
La sua memoria è limpidissima: ricorda gli anni in cui lavorava all’Alfa Romeo ed è scoppiata la guerra. Ricorda il giorno delle sue nozze, il suo abito «di raso bianco con gli sbuffi e la nonna di mio marito che suonava il piano. Era il 1947 e risentivamo ancora delle ristrettezze della guerra». Ricorda i tanti viaggi a Sharm el Sheikh che ha smesso di fare una dozzina di anni fa. Ricorda ogni impresa del suo club per le donne sole con figli, gli anziani e le popolazioni colpite da calamità naturali: «Abbiamo aiutato la Casa delle donne, il dormitorio San Vincenzo, Fondazione Ant, la Pediatria del Civile...».
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Il Covid non le ha fatto prendere nemmeno un raffreddore. Ma «ha cambiato la società - dice -. Provo malinconia pensando che la pandemia ha disfato molti legami. Siamo diventati più solitari. Io, poi, ho perso molti amici. Donna Marta è molto conosciuta e amata dalle figure istituzionali bresciane. Le sue case, da sempre, sono salotti accoglienti nei quali incontrarsi e conversare». Un nipote, al suo 83esimo compleanno, nella poesia appesa in cucina, l’ha definita «la nonna più sprint di Brescia. Una Duracel!». In un’altra poesia, firmata Flaminio Valseriati e incorniciata sopra il tavolo, «è un fulgido esempio di vita spesa a operare nel bene», una «grande dama, la giovin roccia».
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