Presentato in Loggia il libro del giudice Tamburino, «Dietro tutte le trame»

In copertina il dettaglio di un pavimento raffigurante la rosa dei venti. Evocativo, simbolico: «Dietro tutte le trame» (edito da Donzelli) parla di Gianfranco Alliata di Montereale e dei suoi ruoli più nascosti, e il pensiero va immediatamente alla società segreta di stampo neofascista Rosa dei Venti, portata alla luce grazie al certosino lavoro delle forze giudiziarie italiane. Soprattutto, grazie a Giovanni Tamburino, ex magistrato che ha scritto il saggio e che giovedì ha dialogato con Francesco Bertoli (segretario generale della Cgil Brescia) e con la giornalista e scrittrice Benedetta Tobagi nel Salone Vanvitelliano in Palazzo Loggia, di fronte al pubblico portato lì grazie a un’iniziativa di Casa della Memoria.
La vita di Tamburino
«Il sottotitolo, "Gianfranco Alliata e le origini della strategia della tensione", è già molto ricco», ha sottolineato Tobagi introducendo il libro. «Si parla di processi sistematicamente sabotati dalle forze che avrebbero dovuto indagare, e la memoria soggettiva del magistrato è molto importante. Ma non è solo un memoir: è ricerca storica. Tamburino, come molti magistrati, ha ricostruito la memoria mescolandola alla documentazione e alla sua rivalutazione alla luce di ciò che è emerso negli anni». Tobagi ha definito il saggio una lettura avvincente: «La vita di Tamburino potrebbe essere un film. Si è trovato in un’inchiesta — negli anni Settanta — che è diventata crocevia di tante altre, si è trovato in mezzo alle stragi, e ha raccolto le confidenze di un detenuto di estrema destra che si sono poi concretizzate nella strage di Bologna. La sua memoria è interessante, perché la sua è una vita non comune».
L'indagine
Dall’indagine della Rosa dei Venti, come in un film di James Bond, si è arrivati a scoperchiare tanti altri vasi di Pandora, e l’incontro è stata l’occasione per ascoltare le vicende direttamente dalla bocca dell’ex magistrato. Che non ha nascosto le difficoltà nella decisione di scrivere il libro: «Sono contrario ai giudici che tornano su vicende conosciute nell’ambito della propria funzione. Ma ho superato questa concezione cercando di scrivere un libro che non torna tanto sul processo, né sulla memoria: il senso è aprire delle vie di conoscenza attraverso un’esperienza personale, ma soprattutto attraverso una riflessione che si è sviluppata nel corso di decenni tenendo conto di acquisizioni giudiziarie, studiosi, autori, documentazioni…».
La conoscenza che manca sulle stragi italiane
Documentazioni che convalidano e confermano ciò che nel 1974 era, secondo Tamburino, solo un’ipotesi plausibile. E che ora può essere consegnata a un pubblico più ampio, «in modo da aprire ulteriori vie di approfondimento. Il problema? Noi delle stragi italiane conosciamo moltissimo, ma solo sul piano giudiziario, e sempre con enorme ritardo». Stragi che hanno impoverito l’Italia rubando straordinarie intelligenze umane, «insostituibili», ha detto Tamburino. «Una perdita durissima che si affianca al dolore». Lo spazio, quindi, non va più riempito solo con le indagini giudiziarie, ma anche con la conoscenza storica e umana.
Il processo
L’indagine presente nel libro durò tredici mesi e aprì uno spiraglio di conoscenza, svelando anche i nomi di chi non si insanguinava le mani, vigilando e spingendo da dietro le quinte, «ottenendo risultati». Di questa organizzazione emersero subito alcuni elementi, ha spiegato Tamburino. «A un certo punto gli stessi imputati ammisero dell’esistenza della Rosa dei Venti e delle sue regole para-ufficiali. Fu questo il punto cruciale del processo: da lì, si aprì lo spazio per parlare degli autori degli stragi, anche se non fu prettamente un’indagine su una strage in particolare. Ma c’erano automobili piene di esplosivo, bombe…».
E lì, in mezzo a tanti altri nomi, ecco che venne fatto quello di Gianfranco Alliata, su cui si concentra il libro. Che, tuttavia, tocca tutte le relazioni di Alliata, da Buscetta a Junio Valerio Borghese, arrivando alla massoneria della P2, alla destra eversiva, ai depistaggi del generale Gianadelio Maletti, alla politica italiana, alle congiure e ai segreti di stato. «Ci vorrebbe Martin Scorsese per fare un film su Alliata di Montereale», ha concluso Tobagi dopo che sul palco si è snocciolata la vita del protagonista del libro. «E alla fine si torna sempre all’inizio: fu indicato come il mandante dell’eccidio di Portella della Ginestra», che è di fatto la prima strage politico-mafiosa della storia della Repubblica.
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