Perché i ragazzi fanno la coda per il bubble tea in San Faustino

A decine fuori da un locale che propone la bevanda tipica taiwanese con le palline di tapioca, simbolo di una generazione
I bubble tea del locale Crazy Tea in via San Faustino
I bubble tea del locale Crazy Tea in via San Faustino
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In coda sotto il sole per il «bubble tea». Sono a decine, distanziati ma impazienti, e non vedono l’ora di avere il loro bicchierone di bevanda a base di tè, sciroppi e latte, arricchita con palline gommose di tapioca che scoppiano in bocca. Sono tantissimi i ragazzi bresciani che domenica pomeriggio si sono messi in fila fuori da Crazy Tea, locale in via San Faustino aperto dal 2018, dove era in corso una festa a tema dedicata ai Bts, band sudcoreana gettonatissima tra i teenager, organizzata con la community K-pop Brescia. Per l'occasione, il bubble tea era in edizione limitata: burro, vaniglia, latte e perle arcobaleno. Ma la folla fuori dalla porta non è un'eccezione, è la regola.

  • Tutti in coda per il bubble tea in via San Faustino
    Tutti in coda per il bubble tea in via San Faustino
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    Tutti in coda per il bubble tea in via San Faustino
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    Tutti in coda per il bubble tea in via San Faustino

Il filone è un po’ quello: cultura orientale ad ampio raggio. Da Crazy Tea c’è tutto quello che serve per una full immersion, dosato, contaminato e shakerato: bibite taiwanesi, grafica che strizza l’occhio ai manga e dolci coloratissimi. In sottofondo, naturalmente, musica k-pop. Tu acquisti un bubble tea e ricevi un adesivo. Non manca poi l'ibridazione a suon di dessert fatti a mano dalla proprietaria, che mixa la tradizione dolciaria anglosassone con quella giapponese: tra donut e cupcake, spuntano i dafuku (dolci di riso) e i warabi mochi (fatti con zucchero, acqua e un amido estratto dai rizomi della felce).

Cos’è il bubble tea e da dove viene?

Ma torniamo all'attrazione principale del locale in San Faustino. Detto anche «boba», il bubble tea è una bevanda che può essere aromatizzata in diversi modi. In California, dove la moda è arrivata qualche anno fa dando vita a catene di locali famosi come Starbucks, viene chiamato «bubble pearl tea», o «pearl milk tea» nella sua versione con il latte.

Ideato tra le città di Tainan e Taichung in Taiwan all’inizio degli anni ’80, secondo la ricetta originale si prepara con vari tipi di tè (nero, verde o oolong), a cui si possono aggiungere zucchero o aromi di frutta. Contiene delle sferette di tapioca, un alimento tropicale ricavato dalle radici della manioca amara, ripiene di succhi di vari gusti. L’effetto che producono mentre si sorseggia è un’esplosione di gusto, tanto che vengono chiamate anche «popping boba». In alcune varianti, il bubble tea viene insaporito anche con gelatine di frutta e può essere servito sia caldo che freddo.


Il simbolo di una generazione

Il bubble tea non è una semplice bevanda, ma negli Stati Uniti è diventato il simbolo di una comunità. Infatti, è diventato il collante dei giovani asioamericani figli di migranti provenienti da Cina, Giappone, Filippine, Corea, India e Vietnam. Lo spazio fisico del locale boba è un punto d’incontro per questi ragazzi, che si conoscono e creano un ambiente familiare: un luogo di aggregazione dove «riconoscersi asiatici». È qui che cresce la «boba generation», fatta di Millenials ma soprattutto di esponenti della Generazione Z (i nati tra il 1995 e il 2010). Una vera e propria sottocultura, che trova perisino il suo inno musicale nel 2013, quando i Fung Brothers pubblicano il brano «Bobalife».

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