Perché si deve fare l'esame di maturità

Sono oltre novemila gli studenti bresciani impegnati nelle prove dell'esame di maturità. Ma chi l'ha inventata?
Una studentessa alla maturità - © www.giornaledibrescia.it
Una studentessa alla maturità - © www.giornaledibrescia.it
AA

Cominciano oggi gli esami di maturità per più di novemila studenti nella nostra provincia, su un totale di circa 500mila candidati in tutta Italia. 

A essere pignoli, non si parla più di maturità in Italia dal 1997, quando la riforma del ministro Luigi Berlinguer cambiò molte cose, fra le quali il nome, che diventò ufficialmente «esame di Stato». 

Sono arrivate oggi le raccomandazioni dello chef stellato Alessandro Borghese nell'ambito della campagna #NoPanic del ministero, ma tutti gli studenti si saranno posti questa domanda almeno una volta nella vita: chi è il genio che ha inventato la maturità?

Non è una maledizione perpetua della storia, ma c'è una data di nascita precisa: 1923. Era l'inizio del governo fascista, un anno dopo la marcia su Roma, e il ministro dell'istruzione Giovanni Gentile, filosofo neoidealista, introdusse i primi esami di maturità del nostro Paese. 

Per chi si lamenta delle prove di oggi, si consoli con quello che dovette sostenere la classe di quell'anno: quattro prove scritte e orale su tutte le materie dell'intero corso (quindi programma completo di tre anni per il classico e quattro per lo scientifico). 

I membri della commissione esaminatrice erano tutti esterni - in maggioranza docenti universitari - e gli esami si sostenevano fuori sede. L'impatto di quella prima maturità fu disastroso, appena migliore l'anno successivo con poco più della metà degli studenti promossi.

Poi scoppiò la Seconda guerra mondiale e si dovette semplificare la prova (riforma del ministro Bottai 1940), per via di tutti i problemi legati agli spostamenti di studenti e insegnanti su un territorio in lotta. 

Nel Dopoguerra venne ripristinata la maturità Gentile, con piccole modifiche. Per una vera rivoluzione si dovette aspettare il 1969 con il ministro democristiano di sinistra Sullo, pochi mesi prima dell'autunno caldo e in pieno clima di rivendicazioni sessantottine. 

Due prove scritte e due per il colloquio, punteggio in sessantesimi: questa formula rimase fino alla riforma Berlinguer nel 1997, quando la maturità diventò quella che conosciamo oggi, con tre prove scritte, un orale su tutto il programma dell'anno, i crediti scolastici (fino a 25), la commissione mista. 

Dal 2001 a oggi sono state introdotte poche varianti di rilievo e si attende il 2019 per l’entrata in vigore della riforma del Miur, che prospetta l'abolizione della terza prova, l'introduzione del test Invalsi durante il quinto anno, il report dell'esperienza fatta durante l'alternanza scuola-lavoro e un nuovo peso dei crediti (fino a 40 punti). 

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia