Paroli: «L’attenzione alle persone e ai dettagli erano la grandezza di Silvio Berlusconi»
L’ultimo regalo è appeso sopra il letto della sua casa romana. Silvio Berlusconi lo ha impacchettato per lui il Natale scorso: è un quadro che raffigura una Madonnina e arriva direttamente dalla collezione privata del Cavaliere: «Ad Arcore aveva un allestimento personale composto da migliaia di dipinti, perché apprezzava molto l’arte e la promuoveva, sostenendola e comprandola, da vero mecenate. I suoi regali stupivano ogni volta perché non erano mai impersonali, avevano sempre un significato accompagnato da una dedica ad personam».
Il senatore Adriano Paroli ha la tessera di Forza Italia fin da quando il partito esiste: gennaio 1994, ma - ricorda - il fascino e il carisma magnetico «di Silvio» li aveva scoperti già parecchi anni prima.
Lui, Paroli, scansa le domande su che ne sarà ora del partito, su come gli azzurri reagiranno alla morte del fondatore, sugli orizzonti politici. Preferisce ricordarlo così: «Berlusconi ha avuto intuizioni e visione politica impareggiabili, era sempre avanti anni luce. Ma la sua vera grandezza stava essenzialmente in due aspetti: l’immancabile attenzione alle persone e, soprattutto, lo studio dei dettagli anche più minimi. E queste sono due caratteristiche che segnano davvero la differenza».
La prima volta
Di aneddoti, in questi anni, ne ha accumulati a migliaia. «Aveva questa grande capacità di coinvolgere le persone e questo perché la sua era una vicinanza fatta di continuità». Il primo incontro è stato un colpo di fulmine politico, una specie di epifania: correva l’anno 1986 e un giovane Adriano universitario prestava servizio, da volontario, al Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione. «Per tradizione i giovani accompagnavano gli ospiti e a me, quell’anno, capitò Berlusconi. Aveva appena rilevato il Milan e voleva a tutti i costi Walter Zenga. Era agosto, dopo l’incontro siamo andati a mangiare un gelato a Miramare e poco dopo si è creata una folla pazzesca attorno a lui: era il primo anno in cui la squadra aveva fatto il pienone di abbonamenti». Si sono rivisti esattamente dieci anni più tardi.
La cena di marzo
Aprile 1996, Paroli era al suo primo giro da parlamentare, ritrovò il suo presidente alla cena organizzata per i neoeletti: «È venuto a parlare con ciascuno di noi e voleva che ci dessimo sempre del "tu", apprezzava il lavoro e l’impegno e lo dimostrava sempre». Come nel 2001, quando c’era una certa apprensione per le presenze in Aula, necessarie per garantire il numero legale: «Aveva chiesto ad Elio Vito il report e si era commosso perché in cinque avevamo superato il 99%. Allora alla cena di Natale di quell’anno arrivò con un regalo per noi cinque: un orologio Piaget. Dopo averli acquistati, li rimandò al negozio, perché mancava la dedica: era presidente del Consiglio in quel momento e tra l’attentato alle Torri Gemelle e l’economia a picco era un periodo tra i più complessi. Ma per lui le persone e i dettagli restavano fondamentali». Paroli quell’orologio lo indossa ancora e, sul retro, si legge l’incisione: ad Adriano Paroli da Silvio Berlusconi, 2001.
Guardando alla sua carriera politica, non ha dubbi: «Ha sempre creduto in me, ho avuto la sua fiducia tante volte». L’ex sindaco era stato a un passo da diventare prima ministro, poi sottosegretario all’Interno, «ma non si sono create le condizioni - spiega -. Oggi però sono parlamentare Nato e mi rendo sempre più conto della grandezza del lavoro svolto da Berlusconi a Pratica di Mare. In questo momento, in particolare, è evidente quanto fosse avanti quando sosteneva che la Russia era ormai Europa».
L’ultima volta che hanno cenato insieme è stato alla metà di marzo: «Io ero alla fiera agricola di Calvisano, mi ha invitato a casa sua: oltre a noi due c’erano Luca Squeri, Marta Fascina e la figlia Marina. Fino all’ultimo si è voluto confrontare sulla riorganizzazione del partito». Poi, il 30 marzo, la telefonata per gli auguri di compleanno: «Era appena uscito dal primo ricovero ospedaliero e anche quest’anno si è ricordato di chiamarmi». Del «tu», però, Paroli non se l’è mai sentita di darglielo: «Ci provavo, ma riuscivo a fasi alterne. Mi è sempre parso troppo...». E, infatti, anche ora lo saluta con un rispettoso «buon viaggio, presidente».
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