Omicidio Ziliani, il trio criminale non si spacca in aula: «Uccisa insieme»

Dieci ore di udienza e tre confessioni. Crepe solo a livello personale dopo una lite in cella di sicurezza
I tre imputati hanno parlato per oltre dieci ore - Neg © www.giornaledibrescia.it
I tre imputati hanno parlato per oltre dieci ore - Neg © www.giornaledibrescia.it
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Chi si aspettava un tutti contro tutti e un rimbalzo di responsabilità è rimasto deluso. «Il trio criminale» è ancora compatto. Come nella notte tra il sette e l’otto maggio 2021 quando a Temù uccise Laura Ziliani e così come accaduto tra il 24 e il 26 maggio di un anno fa, nel momento in cui uno dopo l’altro, Silvia e Paola Zani e Mirto Milani, confessarono l’omicidio che avevano negato per mesi.

Dieci ore di racconto

Nell’udienza fiume di ieri, iniziata alle 9.30 e conclusa alle 20.30, i tre imputati hanno risposto a tutte le domande delle parti. Prima Silvia, poi Mirto e infine Paola secondo quella che è sembrata a tutti gli effetti la gerarchia all’interno del gruppo. Silvia la leader, Mirto partecipe al piano, ma timoroso e pronto a fare retromarcia fino all’ultimo, e poi Paola, convinta dai primi due a trasformarsi in assassina. Nessuno è stato in grado di dire chi per primo abbia deciso che la soluzione a tutti i loro problemi fosse uccidere Laura Ziliani.

Si sono presi tutti un pezzo di responsabilità, mettendosi sullo stesso piano quantomeno nell’azione omicidiaria. «Non c’era la volontà del singolo, ma abbiamo agito insieme» le parole di Silvia. «Difficile descrivere chi abbia preso la decisione di uccidere Laura» il pensiero di Mirto. «Ho agito di mia di spontanea volontà perché non vedevo alternative. In quel momento era: o mia mamma o noi» la tesi di Paola. Le scintille tra i tre sono divampate lontano dall’aula e per motivi personali. Proprio tra una deposizione e l’altra, e proprio nelle celle sotterranee del Palazzo di Giustizia, quando Silvia ha insultato Mirto. «Tra noi è finita. Ritieniti single» gli ha gridato. E lui ha pianto. «E ora non siamo più un trio» ha aggiunto Paola. Colpo di teatro dell’assurdo per loro che si sono ispirati alle serie tv crime per commettere l’omicidio. I tre imputati, alla prima frase pronunciata al microfono, hanno confermato le accuse contenute nel capo di imputazione, poi hanno pianto e singhiozzato, alzato la voce e in alcune circostanze anche riso in modo quasi isterico. Poi hanno chiesto scusa. Mostrando almeno a parole quel pentimento che in due anni non avevano mai minimamente fatto intravedere.

E infine hanno tenuto la stessa linea difensiva. «Abbiamo ucciso per evitare di essere uccisi». Hanno parlato di candeggina messa nel latte e di soda caustica nel salino. Ma non sono stati in grado di portare all’attenzione della Corte d’Assise una sola prova dei presunti tentativi di Laura Ziliani di eliminare le due figlie e il fidanzato della maggiore, che aveva però anche una relazione con la più piccola.

L’omicidio

Silvia Zani è stata la prima a sottoporsi all’esame dell’aula. «Quando ho ucciso mia madre ero convinta al trecento per cento che lei volesse avvelenarci. Anche se non so per quale motivo. Ci avrei messo la mano sul fuoco. Ora dopo tanti mesi in carcere, non sono più così sicura». Hanno pensato e ripensato al piano omicidiario («già dall’estate del 2020»), che hanno messo in pratica dopo un tentativo fallito quindici giorni prima. «Volevamo che fosse una morte veloce, che non se ne accorgesse, che non provasse dolore» ha detto Silvia Zani. «Quella sera era andato tutto disgustosamente normale. Mamma ha mangiato quei maledetti muffin nei quali avevamo messo le benzodiazepine ed è andata a dormire. Dopo un’ora Mirto voleva desistere, non voleva andare avanti con questa idea del cavolo, questa idea mostruosa, ma io per prendere il coraggio sono entrata nella stanza di mamma e Paola mi ha seguito mentre Mirto è rimasto fuori. L’abbiamo soffocata e non è stato come ci immaginavamo, non è stato per nulla indolore e rapido».

Silvia alza la voce e piange. «Speravo che non si svegliasse, che passasse dal sonno alla morte, mi rendo conto che è qualcosa di orribile. Se si fosse svegliata sarebbe andata in ospedale e noi saremmo finiti in carcere. Io inizio a soffocarla con le mani al collo e Paola con il suo peso l’ha tenuta ferma. Succede che si dimena e alla fine muore. Penso che quando è intervenuto Mirto fosse tutto già finito».

Ma proprio Mirto racconta invece di avere agito, seppur in una seconda fase, anche lui contro Laura Ziliani. «Pregavo che non succedesse nulla. Ho sentito un grido soffocato e ho realizzato che stava succedendo tutto. Mi sono messo la testa tra le mani e ho pensato: "cosa faccio?" Ho pensato di scappare via. Ho visto Silvia che stava strangolando Laura e Paola che la teneva ferma. Se me ne fossi andato avrei perso le ragazze che per me erano tutto. Dopo che mi sono introdotto in camera ho messo anche io la mia mano sul collo di Laura».

Paola, la più giovane delle sorelle Zani, che è l’unica a scalfire qualche certezza del trio - «ho pensato ad un certo punto che i tentativi di ucciderci fossero opera di Mirto e non di mia madre»  -aggiunge un capitolo all’orrore. «Quella che abbiamo ucciso non era mia mamma, ma il mostro che si era impossessato del suo corpo. L’avevo disumanizzata. Ora mi sono resa conto che oltre a uccidere mia mamma, che forse non voleva nemmeno farci del male, abbiamo rovinato tante persone». E alla fine, come era già stato anticipato, il presidente della Corte Roberto Spanò ha disposto una perizia psichiatrica. Per capire se il «trio criminale» quando ha ammazzato Laura Ziliani era capace di intendere e volere.

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