Omicidio Bugna: nuove prove. Lorandi ottiene la revisione

Il 1° marzo a Venezia il nuovo processo d’appello al 68enne di Nuvolera condannato all’ergastolo
LORANDI: "SO CHI HA UCCISO CLARA"
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La giustizia dà un’altra chance a Bruno Lorandi. Accoglie la richiesta di revisione del processo per il quale sta scontando una condanna a vita e rimette in discussione l’omicidio di Clara Bugna, sua moglie.

Il nuovo appuntamento sarà in Corte d’appello a Venezia - competente per territorio sulle sentenze bresciane - ed è in calendario per il primo marzo del prossimo anno. È il frutto di un cammino intrapreso anni fa dal 68enne marmista di Nuvolera. Ai giudici veneziani il suo difensore, l’avvocato Gabriele Magno, ha sottoposto prove nuove in grado di dare una diversa lettura del delitto che il 10 febbraio del 2007, ventuno anni dopo il ritrovamento in Maddalena del corpo senza vita del figlio della coppia, ha riacceso i riflettori su Nuvolera e sulla casa di via Vespucci.

Gli elementi probatori raccolti dal difensore sono già stati oggetto di una preliminare valutazione della Corte d’appello veneziana. Oltre a riaprire il processo, secondo i magistrati che saranno chiamati a soppesarli nel futuro dibattimento, sono potenzialmente in grado di riaprire le porte del carcere e, per la seconda volta in tre decenni, di sfilare di dosso a Lorandi i panni del colpevole. Alla fine degli anni ’80 il marmista di Nuvolera fu accusato, incarcerato, processato e assolto in via definitiva dall’accusa di avere ucciso Cristian, sangue del suo sangue.

Il ragazzino, 10 anni, fu trovato senza vita sulla montagna di casa, non distante dal Grillo, il 28 aprile del 1986, con del filo di ferro stretto attorno al collo. Interrogato a lungo in quelle settimane, Lorandi crollò, ma non cadde. Disse che il figlio rimase incastrato nel finestrino della sua auto e morì così, per un banale incidente, proprio mentre era con lui.

Raccontò di averlo caricato in macchina e di essersi accorto solo per strada che non c’era più nulla da fare. Di aver deciso solo in quegli istanti di portarlo in Maddalena, di inscenare il suo rapimento e il suo omicidio per evitare di essere incolpato. Un castello probatorio traballante e la sua parziale ammissione indussero i giudici ad assolverlo per insufficienza di prove, prima, e con formula piena in appello. Nonostante la pietra tombale posata dalla Cassazione sulla sua innocenza nel 1990, Clara Bugna da allora ha convissuto con il dubbio che a cancellare il futuro di suo figlio e ad azzerare il suo presente fosse stato suo marito.

Ne sono sempre stati convinti i pm Roberta Licci, Claudia Moregola ed Antonio Chiappani, oltre ai carabinieri del Nucleo Investigativo, da subito concentrati sul marmista. Per loro, ma anche per i giudici che lo vollero in cella prima del processo, Lorandi decise di uccidere sua moglie per mettere a tacere una volta per tutte la sua speranza di riaprire il caso. La sera dell’omicidio Clara aveva seguito con attenzione un servizio in tv sulla riapertura delle indagini per il delitto di Simonetta Cesaroni. Si parlava di Dna, della possibilità di arrivare a soluzioni nemmeno ipotizzabili in passato. Era luce nuova ed autentica sulle sue speranze di avere giustizia, ma anche sulle responsabilità di Lorandi che, sentendosi di nuovo braccato - ipotizzò il Riesame - la uccise. E se non fosse andata così? Se Lorandi fosse a sua volta una vittima?

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