Nella base No vax: riunioni carbonare e carte false
Sono arrabbiati, ma la fase dello sconforto l’hanno archiviata settimane fa. E adesso che hanno capito che al Governo con le misure anti-Covid fanno sul serio, sono decisi a farsi valere. Come? Creando non solo un muro di «no» al sistema (e definendosi la «resistenza di chi non si fa incantare dal regime»), ma anche e soprattutto creando l’architettura di una vera e propria comunità parallela. Perché insieme, con gli stessi intenti e la stessa visione - dicono - si può fare molto. Ad esempio? Creare una mini società basata sulle competenze di ognuno, in grado di garantire in modo autonomo quei servizi dai quali - sostengono convintamente - «ci vogliono tagliare fuori». A partire da quelli essenziali: sanità, scuola, lavoro.
C’è di tutto. Quello semplificato sotto l’etichetta «no vax» è un movimento trasversale, che passa sopra la testa dei tradizionali schieramenti, dalla destra alla sinistra. Attraversa partiti vecchi e nuovi, come nel caso di Ancora Italia - nato dalla scissione interna all’esperienza politica di Vox Italia - che vede i suoi due punti di riferimento nel filosofo Diego Fusaro e nel presidente Francesco Toscano. Ed è proprio tra i simpatizzanti di Ancora Italia, progetto di ispirazione sovranista, che ci siamo ritrovati sotto mentite spoglie nel nostro viaggio nel mondo no vax.
Il ritrovo è sistemico, cadenzato da incontri (almeno) settimanali per confrontarsi, organizzare e pianificare «contromisure alla dittatura». Ma chi sono «quelli delle riunioni carbonare»? Non i leader, quelli con la carriera politica in testa, ma la platea: da chi è composta? Si ritrovano di nascosto, si ammassano senza mascherine né distanziamento in una stanza o in palazzi, a seconda di quanti rispondono all’invito: le serate meno frequentate, quelle divise in sezioni, radunano tra le 30 e le 60 persone, quelle più affollate arrivano anche a superare il centinaio. I più, arruolati alla spicciolata sui canali Telegram oppure con il sempre efficace metodo del passaparola, sono gli «esclusi», o coloro che si sentono tali: esclusi da amici e famigliari pro vaccino («i miei parenti non mi parlano più, non mi hanno neppure voluto al pranzo di Natale» raccontano), esclusi dal lavoro e dai colleghi («mi hanno sospeso, ma non cedo al ricatto: spero di riuscire a tirare avanti, mi aiutano i miei genitori» è la storia di un insegnante 32enne), esclusi dalla vita sociale perché ora per loro non ci sono cinema, concerti, cene fra amici, caffè al bar. È per quello che sono lì: per non sentirsi soli, per avere una comunità in cui relazionarsi, per condividere non solo la frustrazione di sentirsi incompresi ma anche qualche sorriso.
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È sempre lì, in quella società parallela, che si fanno strada però anche proposte di contraffazioni, di vendita di pass, tamponi e impegnative mediche fasulli, con la millantata complicità di amici che di quel sistema tanto contestato fanno parte, a partire da medici e infermieri descritti come «dissidenti verso i diktat» o semplicemente accondiscendenti verso i dubbi sollevati dal popolo no vax. Molti dei partecipanti agli incontri «privati» dicono no al vaccino perché ne sono terrificati. Altri rifiutano di essere etichettati come no vax: «Io non sono contro i vaccini, ne ho fatti altri nella mia vita. Io sono contro questo vaccino in particolare: cercano di farci passare tutti per ignoranti, ma non è così». Altri ancora ne fanno una questione di principio e rifiutano il concetto di Green pass, perché «ghettizza e almeno noi, che abbiamo capito che si tratta solo del primo passo per controllare le nostre menti e la nostra libertà, dobbiamo preservarci a vicenda, così quando sarà il momento ci sarà qualcuno in grado di sovvertire l’ordine mondiale» ripetono.
I più, tra coloro che partecipano alle riunioni di Ancora Italia, del progetto politico non sanno nulla. E infatti spesso, durante le serate in cui i leader insistono con il tesseramento, la domanda salta fuori: «Perché dovrei fare la tessera di un partito? Qual è il programma?». Non c’è. Ci sono lo statuto e alcuni principi. Ma il programma, per ora, non esiste. Perché quel che sta facendo in questa fase il movimento che vede ai vertici Francesco Toscano è radunare il «popolo anti-sistema» e, soprattutto, alimentare la protesta. La base del partito ha capito al volo questa opportunità: si muove con abilità, in modo istituzionale ma sbeffeggiando le istituzioni stesse. Non mettere a disposizione il programma significa molto: l’obiettivo è prima di tutto incassare fiducia, arruolare iscritti. Del resto, i leader locali lo ribadiscono spesso durante le riunioni: «Noi abbiamo in comune il no a questa dittatura. Dobbiamo combattere uniti questa guerra che è ancor più grande rispetto alla Seconda guerra mondiale. È questo quello che ci unisce e da cui deve partire il nostro lavoro». Parole che, in un contesto come quello che stiamo vivendo - nel quale chi ha una grande paura alimentata da una corrente incessante di fake news si riconosce in quanto ghettizzato - risuonano come il canto delle sirene.
La struttura dell’organizzazione calata nell’era Covid è a più livelli e mostra il passaggio dalle proteste gioiose, pacifiche e musicate di piazza agli incontri carbonari più o meno ristretti. Di cerchio in cerchio: dalla condivisione della regia anti-governativa all’adesione a principi politici attivisti. Ed è qui, a questo punto, che scatta la richiesta di iscrizione al partito e quella di una disponibilità ad entrare nella fase operativa della società parallela. Ma ce n’è quanto basta per tornare a fare cronaca.
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