Nel Bresciano vengono denunciati ogni giorno 43 infortuni sul lavoro
Non bisogna rassegnarsi agli incidenti sul lavoro: le regole ci sono, vanno rispettate. L’Italia è più avanti di altri Paesi sulle norme, ma serve fare molto di più su prevenzione, formazione, controlli e sanzioni. Non solo. Nelle aziende e nelle imprese il rapporto fra datori, responsabili della sicurezza e figure professionali preposte deve diventare più stretto. Infine, è necessario che l’attenzione sulle morti bianche e gli infortuni resti sempre alta per impedire che l’abitudine diventi indifferenza di fronte a questi drammi.
I segretari dei sindacati Francesco Bertoli (Cgil), Alberto Pluda (Cisl) e Mario Bailo (Uil) concordano: «Non si parli di fatalità. Gli infortuni hanno sempre una responsabilità». Sono giorni di lutti e di dolore nel Bresciano.
Le vittime
Anche ieri due incidenti in provincia. Nel 2023 scontiamo una media di 43 denunce al giorno. Una enormità, «ma sono certamente di più, perché molti degli incidenti lievi non vengono denunciati», dice Alberto Pluda. «Nel dopo Covid la ripresa è stata potente, tuttavia ha prodotto stress e forti carichi di lavoro, con il conseguente aumento degli infortuni». Quest’anno i morti sono già 24. Inoltre, sono in grande crescita le malattie professionali (un terzo in più rispetto al periodo gennaio-luglio 2022): segno di una maggiore sensibilità di lavoratori e medici (per altro sollecitata anche dall’Inail) su questo aspetto.
La mancanza di ispettori è un dato cronico. Brescia ha perso un terzo del personale addetto ai controlli nelle aziende. Ai bandi per il reclutamento non si presenta nessuno. Non solo: «Agli ispettori rimasti è stato tagliato il 60% delle ore destinate alle verifiche», sottolinea Pluda.
Tuttavia, commenta Francesco Bertoli, «mille ispettori non risolverebbero il problema. Tocca alle imprese garantire di più il rispetto delle norme di sicurezza. Ad esempio, non è possibile che ci siano ancora cadute dall’alto come cinquant’anni fa, considerando tutti i dispositivi di sicurezza esistenti». Bertoli sollecita «maggiori verifiche da parte delle aziende: norme elementari non vengono rispettate».
Formazione
Insegnare la sicurezza: è un punto centrale. «Ce n’è sempre più bisogno», concordano i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Nelle scuole e nei luoghi di lavoro. «Oggi nelle aziende la formazione, dove si fa, riguarda più la teoria che la pratica», afferma il presidente dell’Anmil, Rodolfo Valentini. «Bisogna che diventi un’attività più seria e costante. Si deve cominciare con gli studenti», sottolinea. «Noi siamo sempre disponibili a portare la nostra testimonianza concreta quando ce lo chiedono. Raccontiamo le nostre storie di lavoratori diventati invalidi per incidenti sul lavoro». Sbagliato pensare che possa capitare solo agli altri: «La routine è un grande rischio, fa abbassare la guardia», aggiunge Alberto Pluda.
Allo stesso modo, un nemico della sicurezza è l’abitudine a questi fatti di cronaca. Come fossero un male necessario, da mettere in conto. «Purtroppo - commenta Mario Bailo - sta proprio succedendo questo: si accendono i fari sul problema soltanto quando accadono fatti clamorosi come quello di Brandizzo, ma in tutti questi anni non è mai stato affrontato un dibattito serio». Secondo Bailo «va introdotto il reato di omicidio sul lavoro. Bisogna smetterla di parlare di fatalità o di disattenzione del lavoratore. Purtroppo la prevenzione e la formazione sono ancora viste dalle aziende come una spesa inutile e non come un investimento».
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