Nel Bresciano quasi 4mila contagi. Si attende il picco

Sarà un fine settimana decisivo per la battaglia al Coronavirus. Brescia emergenza nazionale
QUASI 4.000 CONTAGI
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Sarà un fine settimana decisivo per la battaglia al Coronavirus. Le prossime ore dovranno infatti dirci se le misure prese per limitare il contagio stanno funzionando.

Ieri il territorio Bresciano ha dovuto piangere altre 78 vittime. A Bergamo è andata anche peggio: 93 morti in più, con il totale che sale a 553 morti. Poco importa se il conteggio andrebbe ripartito non solo sul 18 marzo, ma su più giornate, in base alla data di registrazione dei dati. I comunicati delle Ats (Brescia e Valcamonica) diffusi in serata dicono che nella nostra provincia vi sono stati finora 465 morti da Coronavirus. Un quarto del totale regionale. Con un’escalation inquietante: da sabato a martedì, gli ultimi 4 giorni con dati completi, vi sono stati 200 morti. 

Che Brescia sia un’emergenza nazionale lo si capisce guardando l’evoluzione dei contagi. Il dato si avvicina ormai a quota 4mila: 3.736 in base alle note delle Ats, già 3.784 secondo i numeri diffusi dalla Protezione Civile nazionale. Senza contare che per molti esperti si tratta di numeri sottostimati anche per la «frenata» nei tamponi effettuati. Comunque sia i dati ufficiali parlano di oltre 400 casi in più nelle ultime 24 ore, vicino ai 500 se si prende per buono quanto diffuso da Roma. La nostra provincia si avvicina a Bergamo, che resta il territorio più colpito a livello nazionale, ma che cresce meno rispetto al Bresciano. Finora i numeri paioni troppo ondivaghi per vedervi una tendenza. Non c’è una crescita esponenziale, come si è temuto una settimana fa.

Ma nemmeno una stabilizzazione. Nell’Ats di Brescia la scorsa settimana la crescita dei contagi ha oscillato tra i 190 e i 286 casi al giorno. Da domenica il conteggio quotidiano supera i 400. C’è solo da capire se il «picco» possa davvero arrivare entro domenica, consentendo così di «scollinare» o per lo meno intravedere una stabilizzazione. Anche perché il sistema sanitario non può più reggere questi numeri.

 

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