Nei dormitori 250 senzatetto, ma altri cento restano in strada

Seduto alla reception, Carlo dà il benvenuto all’ingresso. Ospite 66enne di Casa San Vincenzo a Brescia, ogni giorno smista le chiamate e organizza l’attività di desk. Il primo volto e la prima voce che introducono nella nuova struttura di via Carducci sono i suoi. È quasi l’ora di pranzo, nella mensa al piano terra iniziano a radunarsi i primi ospiti, dalla cucina escono chili di pasta e carne, in pochi minuti quasi tutti si siedono. C’è chi è silenzioso in disparte e chi è più estroverso, molti sorridono, altri parlano tra di loro. Sulle loro spalle storie di dolore, disagio, difficoltà economiche e umane, drammi psicologici, solitudine.
La nuova casa

Dal dicembre scorso la nuova casa accoglie 27 uomini e dieci donne, tutti senza dimora, ma una decina di posti sono ancora liberi. «Qui vengono le persone che vogliono avviare dei progetti su di sé, non a caso ognuno si dedica ad attività artigianali o gestionali - spiega Paolo Tengattini, direttore del dormitorio San Vincenzo e Casa Ozanam -. Chiaramente si tratta di un progetto più complesso di quello di un semplice dormitorio, perché la vera sfida è quella di introdurli a una vita autonoma». Non a caso gli appartamenti sono concepiti in previsione di un futuro fuori dalla casa di accoglienza.
I numeri dell’ospitalità della Società San Vincenzo dicono di un fenomeno sociale in costante mutamento a Brescia. Qui non ci sono solo stranieri, ma anzi la metà delle persone in difficoltà è italiana. E soprattutto, l’età media dei senza dimora è sempre più bassa. «Nelle nostre strutture il 21% degli ospiti ha tra i 18 e i 31 anni - spiega Tengattini -, questo da una parte lancia l’allarme sui disagi anche tra i più giovani e dall’altra ci porta a dover intercettare i bisogni di questi neo maggiorenni. Per venire incontro a tutte le esigenze abbiamo perciò pensato di creare dei gruppi multidisciplinari».
Le altre strutture

Alle tre strutture della San Vincenzo si aggiungono tante altre realtà di accoglienza distribuite in città: dal dormitorio Chizzolini al Pampuri passando per il rifugio della Caritas. In queste strutture sono accolte più di 250 le persone senza un tetto. In maggioranza si tratta di uomini provenienti da ogni parte del mondo, ma più del 30% è italiano, molti sono bresciani. «Le situazioni personali sono complesse e sempre molto diversificate - spiega l’assessore ai Servizi Sociali, Marco Fenaroli -: molte volte contribuiscono le difficoltà familiari ed economiche, che si aggiungono a fragilità legate alla droga, all’etilismo, al gioco. A Brescia abbiamo voluto rispondere con sempre maggiore attenzione a questo fenomeno strutturando il sistema in fasce: bassa soglia, bassissima soglia, inclusione al lavoro e housing first».
L’impegno dei Servizi Sociali della Loggia è evidente anche nel Bilancio, che riserva ogni anno un milione di euro a un sistema che ha l’oneroso compito di affrontare i disagi di centinaia di persone. Perché oltre agli ospiti dei dormitori ci sono anche tante persone che invece rifiutano aiuti e che dormono in aree abbandonate - come nell’area dell’ex Ideal Standard. Secondo le stime della Polizia Locale sarebbero circa un centinaio.
Di certo i numeri faticano a cristallizzare le difficoltà di centinaia di persone che da un giorno all’altro sono finite in mezzo alla strada, ma per capire la portata del fenomeno basti pensare che allo sportello dell’help center in viale della Stazione solo lo scorso anno sono arrivate 400 richieste di aiuto. È quello il primo approdo di chi a Brescia decide di farsi aiutare.
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