Nato sotto le bombe: accolto a Rezzato con la mamma e la sorella

Il piccolo Andrea ha un mese proprio come la guerra nella sua Ucraina. È arrivato a Brescia attraverso un viaggio di 48 ore
La mamma Martina con il piccolo Andrea e le sue parenti - © www.giornaledibrescia.it
La mamma Martina con il piccolo Andrea e le sue parenti - © www.giornaledibrescia.it
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È nato il 24 febbraio, proprio il giorno dell’invasione russa in Ucraina, il suo Paese. Il piccolo Andrea, questo il suo nome, ha la stessa età della guerra: poco più di un mese. Dalla sua terra ha dovuto andarsene appena dopo i primi vagiti.

In braccio alla sua mamma Marina, che di anni ne ha invece 25 e che di certo gli racconterà che è venuto al mondo sotto il sibilo delle bombe e, alla sorellina Darena di 2 anni e mezzo, hanno intrapreso un lungo viaggio durato quasi due giorni, attraversando buona parte dell’Ucraina, sino all’Ungheria e, dopo 20 ore alla frontiera, finalmente verso Venezia per trovare la libertà, ma soprattutto la sicurezza. In loro compagnia anche Natalia la cugina di 32 anni con la figlia Margherita di 10 e Mattia di 7.

Un viaggio della salvezza e della speranza per permettere ai figli di crescere e avere un futuro, cosa che oggi, in Ucraina, non si può dare certo per scontata. In Italia hanno ritrovato la mamma e zia Oxana, che da anni lavora per la famiglia Ballini, prima come aiuto di Primo, purtroppo deceduto da pochi mesi, ed ora del fratello Fausto e della moglie Teresa.

Sono stati proprio loro nel vedere Oxana angosciata per le sorti della figlia e della nipote a mettere a disposizione un appartamento della loro casa per ospitarli. Il racconto. «In un primo tempo - racconta Marina che parla bene italiano - non volevo partire. Avevo paura a stare là, ma ancora più di affrontare con un bimbo di pochi giorni il lungo viaggio. Avevo appena partorito con un intervento di parto cesareo, che all’ospedale abbiamo dovuto andare nei sotterranei per il coprifuoco, piangevamo tutti e faceva tanto freddo.

Poi la decisione dei sanitari di mandare a casa più pazienti possibili per la nostra sicurezza, fra i quali anche noi. Ho resistito qualche giorno, volevo stare accanto a mio marito che fa il poliziotto, ma i bombardamenti si avvicinavano sempre più, era pericolosissimo rimanere».

In quei giorni Marina era stata raggiunta a Hmelncskiy la sua città, dalla cugina Natalia che abitava a Kiev, scappata dietro pressione del marito, dopo aver visto dalla finestra della sua casa il bombardamento di un grande supermercato proprio vicino al suo condominio, rimasto senza acqua e luce. Ora sono al sicuro, i bambini sono sereni e giocano, ma queste giovani mamme hanno un solo desiderio che si rispecchia negli occhi tristi, tornare a casa. Nella loro Ucraina.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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