«Mia moglie disse: Jean Louis David è la star con cui lavorare»

Roberto Corani aprì nell’83 a Brescia il primo negozio in Italia del «coiffeur»: «È stato un grandissimo»
Una foto con dedica di Jean Louis David a Parigi - Foto © www.giornaledibrescia.it
Una foto con dedica di Jean Louis David a Parigi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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A frequentare il suo salone di avenue de Wagram è la signora Mirella. Sono gli anni Settanta. La parrucchiera bresciana va in trasferta a Parigi tre, quattro volte l’anno: si fa acconciare i capelli e torna a casa carica di idee, ispirazioni e tendenze. Finché un taglio del carismatico hair stylist francese le suggerisce l’intuizione: «Roberto - dice convinta al marito -, questo Jean Louis David è un genio. È un talento con cui dovremmo cercare di collaborare».

È questo il prologo di una felicissima avventura imprenditoriale, che prende le mosse da Brescia per esportare in tutta Italia l’estetica visionaria del coiffeur parigino. Nella nostra città infatti il marchio Jean Louis David approda all’inizio degli anni Ottanta. E da allora Brescia è sede della prestigiosa Accademia che forma i parrucchieri del gruppo.

«Come mi moglie anche io lavoravo nel settore - racconta oggi Roberto Corani -, ma in ambito commerciale. Proprio su suo suggerimento ho iniziato a frequentare Jean, ma mi ci sono voluti quasi cinque anni per convincerlo a collaborare. Fino a che, nel 1977, abbiamo siglato un accordo. Nel 1978 lui ha aperto il primo franchising a Parigi e nell’83 il marchio è arrivato anche a Brescia. Da lì ha preso il via un’avventura che continua tutt’ora. Abbiamo trascorso degli anni bellissimi e ancora oggi la sua tecnica e il suo know how sono il faro che ci guida».

Figlio d’arte in una città ossessionata dallo stile, monsieur David si era fatto un nome come artefice della «Vertigo» provocata dall’apparizione di Kim Novak nell’omonima pellicola di Hitchcock. Mai stanco di modellare il celeberrimo «scalato» - una sua invenzione - su migliaia di volti femminili, ebbe il guizzo di fondare un impero basato sulla ripetitività di un gesto artistico perfetto. Fotografava i suoi tagli e girava pionieristici «tutorial» per insegnare e riprodurre a menadito i capolavori tricologici di sua invenzione.

«Veniva a Brescia più volte l’anno - racconta Roberto -. Prima faceva tappa all’Accademia e poi insieme partivamo per visitare tutti i negozi d’Italia, avanti e indietro. Era un imprenditore responsabile, sempre concentrato e molto attivo». Più volte ospite del Teatro Grande amava essere protagonista: davanti e dietro le quinte.

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