Medici e infermieri: «Come per il Covid facciamo squadra per investimenti seri»
Quando il 30 gennaio 2020 l’Oms dichiarò l’emergenza globale piombammo nell’angoscia, nella paura, le fitte tenebre della pandemia iniziarono ad addensarsi attorno alle nostre case, lo scorrere del nostro tempo è stato completamente stravolto.
Come ha detto papa Francesco, in una piazza San Pietro bagnata da una leggera pioggerella a rendere l’atmosfera ancora più cupa, «ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa».
E così «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda». In quei mesi bui gli operatori sanitari si sono trovati a gestire una marea che pareva inarrestabile. Molti di loro sono morti per aver contratto il Covid mentre svolgevano il proprio lavoro quotidiano. Li abbiamo chiamati eroi, ma poi il tempo è passato.
E oggi? La Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato, che si è svolta ieri, è l’occasione per fare il punto, per non dimenticare. Quella del 20 febbraio è la data diventata simbolica per ricordare il giorno in cui a Codogno venne scoperto il paziente uno. «Insieme per garantire la salute di tutti», lo slogan scelto; «durante quei mesi terribili siamo riusciti ad andare oltre la fatica anche parlandoci, aiutandoci tra medici, infermieri, personale sanitario - sottolinea Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei medici di Brescia -, abbiamo imparato ad affrontare insieme l’emergenza».
Impegno
Promossa dal regista Ferzan Ozpetek e dal paroliere Mogol, la giornata è stata istituita con la legge 13 novembre 2020 «per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus».
Un drammatico bilancio, con 500 decessi nella prima e nella seconda fase Covid-19 tra i professionisti sociosanitari mentre i contagi proseguono negli ultimi mesi al ritmo di 5mila-8mila ogni 30 giorni raggiungendo, tra infezioni e reinfezioni, quota 474.000 pur senza più registrare, dopo l’arrivo dei vaccini, casi gravissimi e decessi. «Durante la pandemia - prosegue Di Stefano - le donne e gli uomini della salute hanno dato l’anima. Il servizio sanitario nazionale ha dimostrato, una volta in più, di essere un grande gioiello del quale dobbiamo essere orgogliosi».
Ma indubbiamente c’è molto da fare, «ora servono grandi investimenti, la spesa per la sanità dello Stato è tornata ai livelli pre Covid, questo non basta», sottolinea il presidente dei medici bresciani. «Il servizio sanitario nazionale - prosegue Di Stefano - è sottofinanziato da molti, troppi anni. Ripeto: servono grandi investimenti per riformarlo e rilanciarlo. È necessario un grande sforzo da parte dello Stato, ma è uno sforzo che non può più essere rinviato». Anche perché «mancano medici, mancano infermieri, il sistema va preservato anche su questi, fondamentali fronte» sottolinea il presidente Di Stefano.
Orgoglio
E proprio da questa carenza di personale parte anche Stefania Pace, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Brescia. «Nel Bresciano siamo in circa 9mila - spiega Pace -, se calcoliamo che in tutta la Lombardia mancano almeno 10mila infermieri, la sofferenza per il nostro territorio può essere stimata tra le mille e le duemila persone».
Non solo, «per raggiungere gli standard europei mancano 80mila infermieri a livello nazionale» sottolinea. Due dati per capire la situazione: in Italia ci sono 5,7 infermieri ogni mille abitanti, in Germania sono 11,8, il doppio quindi. Perché mancano gli infermieri? «I motivi sono molti - spiega la presidente -, è una professione non valorizzata, né in termini di retribuzione, né sul fronte della carriera». Eppure, lo sappiamo bene tutti, si tratta di una categoria professionale fondamentale.
«Essere definiti eroi ci ha certo inorgoglito - prosegue Pace -, ma noi abbiamo semplicemente fatto il nostro dovere, abbiamo fatto ciò che ci competeva anche prima. Indubbiamente abbiamo dato un contributo eccezionale, anche sul fronte dei vaccini. Abbiamo sperimentato nuovi orizzonti, abbiamo scoperto la capacità di saper lavorare insieme». Ora è fondamentale che tutto questo non vada perso.
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