Loggia 2023, l'ipotesi delle primarie manda in tilt il Pd

Ieri la nota congiunta di Manzoni e Muchetti. Gli alleati della coalizione del centrosinistra sono furiosi
Palazzo Loggia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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I commenti a caldo non sono leggeri. «Questo è un assalto alla diligenza fatto e finito, una pura mossa personalistica». I più concilianti variano il giudizio di una consonante: «È un attacco alla dirigenza del partito, che stava lavorando in tutt’altra direzione». C’è anche chi scomoda la filosofia del XIX secolo: «Adesso siamo davvero al di là del bene e del male».

Casa centrosinistra, a spezzare la calma apparente del lunedì che vede in agenda le riunioni serali della segreteria e dell’Assemblea cittadina del Pd, è la nota che nessuno si aspettava (neppure i vertici del partito). In calce, due firme: quella di Federico Manzoni e quella di Valter Muchetti, i due aspiranti candidati sindaco dem (indicati da Emilio Del Bono come suoi delfini insieme a Laura Castelletti, preferenziata da chi si dice «furibondo»).

Da sinistra, Federico Manzoni e Valter Muchetti
Da sinistra, Federico Manzoni e Valter Muchetti

Qualche riga sopra, la richiesta che ha mandato gli alleati e i segretari del Pd su tutte le furie: «Prendiamo atto che il confronto in seno al tavolo di coalizione del centrosinistra non ha fino ad ora portato a una sintesi unitaria delle posizioni in campo. Intendiamo fornire un contributo di responsabilità e di disponibilità, sostenendo e impegnandoci a favore di primarie di coalizione come strumento per individuare il candidato o la candidata più idoneo a rappresentare il centrosinistra alle prossime elezioni amministrative e a farsi interprete delle attese e delle priorità della comunità bresciana». E su «primarie di coalizione» finisce la calma (anche quella apparente).

Botta e risposta

Il braccio di ferro adesso non è solo tra i dem e una parte degli alleati, ma tra una parte del Pd e i due segretari del partito, il cittadino Tommaso Gaglia e il provinciale Michele Zanardi, entrambi al lavoro da giorni dietro le quinte per chiudere l’accordo su Castelletti sindaca.

Ed è proprio questo il punto vero: Manzoni e Muchetti non ci stanno, forti non solo del fatto che l’Assemblea aveva dato mandato di individuare uno dei due candidati di bandiera, ma anche della presa di posizione di un gruppo di veterani del partito (gli «ex aclisti») che - in una lettera - avevano chiarito: «Noi riteniamo che il candidato sindaco debba essere espressione del Pd».

A pesare, in questo duello sottotraccia (ma non troppo), è anche l’ultimatum di Azione, Sinistra italiana, Sinistra a Bs, Psi, Bs per passione, +Europa, Radicali e Possibile: «Se la candidata non sarà Castelletti, non ci saremo».

Scenari

Che succede adesso? Il Partito Democratico è in cortocircuito. Gaglia e Zanardi schivano il processo alla segreteria e (pubblicamente) non si scompongono, mantenendo i toni e la rotta istituzionale: «Elemento imprescindibile e necessario è la conferma della coalizione di centrosinistra - scrivono a loro volta in quello che sembra un congresso consumato a ritmo di comunicati stampa -. Ci impegniamo in tempi brevissimi a verificare con gli alleati la percorribilità dell’opzione primarie».

Ma un messaggio, ai due assessori, lo mandano tra le righe: «Rimangono quali punti fermi del nostro agire la conferma del perimetro dell’alleanza nell’ottica della responsabilità e del proseguimento della continuità del buon governo della città». Una nota, questa, che avrebbe trovato la condivisione del sindaco Emilio Del Bono, dato non irrilevante visto il suo peso nel contesto politico cittadino.

Il nodo sulle primarie

Il sondaggio reale tra gli alleati, però, dura pochissimo. Le primarie - che nel 2013 dal numero uno di Palazzo Loggia erano state definite «la possibilità per i cittadini di potersi esprimere sulle candidature, saldando così il percorso dei soggetti politici alla più ampia partecipazione civica» - oggi sono vissute come uno scandalo. Non per il loro valore in sé - ribattono i contrari - bensì per i tempi e per il contesto nel quale questa proposta si va ad incardinare.

La reazione degli altri partiti che compongono l’attuale coalizione è impetuosa e non lascia alcuno spiraglio: la risposta è un «no pieno». La riprova è la nota interna che in serata è stata recapitata ai dem e il succo del discorso sta in una frase: in questo modo si sfascia la coalizione. Una sentenza, più che il presupposto per una trattativa.

Luca Trentini, segretario di Sinistra italiana, si fa portavoce per gli alleati (ai quali si aggiunge Articolo Uno) e lo spiega così: «Non parteciperemo a nessun tipo di primarie in questa fase, perché sono più dannose che utili. Sia chiaro: il perimetro attuale con le primarie non si mantiene». Ancora più eloquenti sono le parole scelte dall’on. Fabrizio Benzoni (Azione): «Noi alle primarie per decidere chi farà il capo dell’opposizione al sindaco Fabio Rolfi non partecipiamo. Se il Pd sceglierà questa strada, ci sentiremo liberi: abbiamo già dimostrato in altri livelli di poter correre da soli. Attendiamo una risposta».

A fine serata, insomma, la palla è già tornata nel campo del Pd. Alle prese ormai da un mese con un caos calmo che, ieri, è esploso. Quel che è certo è che un verdetto sul da farsi dovrà necessariamente arrivare di qui all’Epifania. O il rischio concreto è che il partito di maggioranza relativa si ritrovi non solo senza alleati, ma anche senza elettori.

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