L’influenza record continua a colpire Brescia: 15mila a letto ma è iniziata la discesa
Circola ancora molto. Tanto da costringere a letto più di quindicimila bresciani, soprattutto nei primi anni di vita e nella fascia di età dai quindici ai sessantaquattro anni. Benché l’influenza dei record, la peggiore degli ultimi quindici anni, abbia superato il picco (ricordiamo che nell’ultima settimana dell’anno, in base al report dei medici-sentinella, i bresciani a letto erano oltre 22mila), il virus è ancora molto attivo ed è destinato a rimanere tale ancora a lungo.
«La stagione influenzale è tutt’altro che finita. I virus ci terranno compagnia almeno fino alla metà di febbraio e dovremmo aspettarci in questo periodo un numero di contagi pari a quelli registrati sinora» spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano.
Oltre il picco
«Sia i dati epidemiologici che microbiologici sembrano indicare che stiamo superando il picco, anche se è fortemente probabile una circolazione sostenuta anche nelle prossime settimane, facilitata dalla riapertura delle scuole» conferma Anna Teresa Palamara, capo del Dipartimento delle Malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità, l’ente che ogni settimana pubblica il bollettino RespirVirNet con i dati dell’andamento delle sindromi influenzali e simil-influenzali.
«Per questo - aggiunge Palamara - continuiamo a raccomandare le vaccinazioni per le persone più a rischio, ancora utili in vista della coda della stagione che durerà ancora diverse settimane, e una sana prudenza nei comportamenti. Resta valida la raccomandazione di non assumere antibiotici, inutili in caso di infezioni virali, se non su indicazione del proprio medico, e di recarsi al Pronto soccorso solo se strettamente necessario».
L’invito
L’invito a vaccinarsi che giunge dal mondo della sanità (nell’articolo a destra le indicazioni operative) trova un supporto importante da una ricerca scientifica appena pubblicata, condotta dalla Statale di Milano su 61 milioni di persone a livello mondiale insieme a Multimedica, Universidad Catolica de Santiago de Guayaquil e Harvard Medical School di Boston, che evidenzia come «il vaccino per l’influenza riduce del 30% i contagi anche da virus SarsCov2, responsabile del Covid».
La flessione
Intanto, anche per il Covid, come per l’influenza, si registra una flessione. «I dati di questa settimana - commenta il direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaia - evidenziano una ulteriore frenata della diffusione del Covid, che si riflette anche sulla riduzione del tasso di occupazione delle strutture ospedaliere, sia in area medica sia in terapia intensiva. Un risultato che dobbiamo consolidare, continuando a proteggere i più fragili attraverso la vaccinazione che, ricordiamo, è possibile ricevere contemporaneamente a quella antinfluenzale, particolarmente importante visto l’andamento delle ultime settimane».
La ricerca
Dunque, la vaccinazione contro l’influenza riduce del 30 per cento la possibilità di sviluppare l’infezione da Covid. Percentuale che può salire anche al 50% se è breve la distanza tra l’incontro tra SarsCov2 e la somministrazione di vaccini antinfluenzali. Il lavoro dei ricercatori ha evidenziato che questi vaccini specifici sono efficaci nel ridurre la frequenza di infezioni causate anche da altri agenti patogeni.
Perché? Una delle ipotesi, sulla quale gli scienziati stanno indagando, è che la vaccinazione «allena» il nostro sistema immunitario ad attivarsi e dare risposte anche quando siamo «colpiti» un virus diverso da quello dell’influenza.
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