L'epidemiologo: «Cosa fare per evitare il picco a Natale»

In primavera il picco dei contagi da Coronavirus è stato il 13 marzo, per quanto riguarda i nuovi casi rispetto all'insorgenza dei primi sintomi, e il 20 marzo rispetto alla diagnosi confermata, secondo l’Istituto superiore di Sanità. Dunque, 23 giorni dopo la prima diagnosi di Covid-19 a Codogno anche se è noto, ormai, che il virus fosse in circolazione molto prima di quel 20 febbraio. Si può pensare, dunque, che ad un mese, o poco più, dalla ripresa delle infezioni, si possa raggiungere il picco? «Ci giochiamo tutto in queste due settimane: al termine, sapremo se le misure di contenimento dei contagi avranno dato i loro frutti e, magari, ci permetteranno di vivere un Natale sereno».
A parlare è Massimo Lombardo, medico, attualmente direttore generale dell’Asst Spedali Civili. All’epoca della prima diagnosi di Covid-19 era direttore dell’Asst di Lodi, di cui fa parte l’ospedale di Codogno.
Due settimane, le prossime, in cui il numero dei contagi raddoppierà, rendendo la situazione esplosiva soprattutto nelle zone di Milano, Monza - Brianza e Varese. Con una situazione sostanzialmente stabile a Brescia, Bergamo e Lodi.
Poi? «Si tratta di previsioni che non possono basarsi su esperienze pregresse - continua Lombardo -. Non sappiamo se qui a Brescia la curva è rallentata o se, invece, ci troviamo di fronte ad un fenomeno diverso. Possiamo pensare, ed è un pensiero fondato, che molte persone nel Bresciano, ma anche nella Bergamasca e nel Lodigiano, siano immuni perché sono già state contagiate durante la prima ondata, magari senza aver sviluppato i sintomi. Quel che è certo, pensando al Natale - aggiunge - è che ad oggi non abbiamo alcun farmaco risolutivo, pur avendo a disposizione molecole che permettono di curare meglio i malati di Covid-19, e nemmeno un vaccino protettivo. A fronte di ciò, oggi è rischioso ignorare la prevenzione. Che si basa sul distanziamento, sull’uso delle mascherine e sul lavaggio delle mani. Regole che tutti conosciamo, ma che non tutti rispettano».
Cosa è cambiato. Massimo Lombardo ripercorre i mesi della pandemia e del lockdown, «forma estrema di distanziamento, misura straordinaria mai vista prima nel mondo occidentale, che ha dato i suoi frutti nel contenere il virus. Un virus, però, che non se n’è mai andato ed ha continuato ad infettare anche durante l’estate, quando abbiamo curato malati lievi». «Ci eravamo illusi ed abbiamo allentato le misure prudenziali - continua Lombardo -. Non a caso, a fine agosto si è registrato un piccolo picco, legato ai contagi durante le vacanze. Poi, un’altra fase di calma e ad ottobre il numero dei positivi è iniziato a crescere. I trasporti sono sul banco degli imputati. In buona compagnia degli assembramenti. Inutile illudersi, anche se la crescita ad ottobre da noi è più lenta: il virus continua a circolare ed è anche molto contagioso. Siamo bassi, ma non a contagi zero».
La paura. Tuttavia, non ci si deve far paralizzare dal panico: «Se siamo tutti responsabili, è possibile contenere i contagi - spiega -. Mentre negli ospedali ci stiamo attrezzando ad una eventuale crescita della curva, stiamo anche raccogliendo i frutti dell’investimento fatto con il Centro Covid aiutiAMObrescia di via Morelli che consente di tracciare migliaia di persone ed evitare che si presentino al Pronto soccorso. Stanno sorgendo Centri analoghi anche sul Garda e in Franciacorta e questa è una strada importante per intercettare i poco sintomatici e metterli in isolamento».
La letalità da Covid-19 è ora molto più bassa che quella della scorsa primavera. I motivi sono molti. Da quello demografico (i contagiati sono più giovani), al miglior trattamento e all’assenza di sovraccarico ospedaliero. Questo non significa che il virus non ucciderà ancora, ma che lo farà molto meno. Prevenire si può. Per allontanare lo spettro di un lockdown totale «è fondamentale continuare con mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani». Lo dobbiamo ricordare, quando abbassiamo la mascherina, pensando ai mesi chiusi in casa e all’isolamento totale. Una prevenzione necessaria in attesa di farmaci e vaccini. Ne sono in arrivo di molto promettenti (al momento ben otto in fase 3 di studio clinico), ma anche terapie potenzialmente risolutive, a partire dai cocktails di anticorpi monoclonali che neutralizzano il legame del virus (proteina S) con il recettore ACE-2. Quando? I tempi esatti non si sanno, malgrado si siano sbilanciati anche autorevoli esponenti del nostro governo, ma sono più vicini di quanto non lo fossero la scorsa primavera. Vaccini e anticorpi monoclonali per la vittoria? Non della guerra, ma di molte battaglie certamente.
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