La vita di Enrico sulle Ande per aiutare i giovani senza futuro

Il missionario laico offre opportunità di lavoro ai ragazzi disabili: dalla pittura alla scultura
Enrico Rigosa  - © www.giornaledibrescia.it
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Può darsi che ognuno di noi nella sua vita abbia una missione. Quella di Enrico Rigosa, collebeatese di origine, consiste nel dare un senso all’esistenza di bambini e ragazzi disabili a San Luis, un paese povero a 3.100 metri sulla cordigliera delle Ande, in Perù. Qui Enrico, missionario laico, si è trasferito con la famiglia nel 1990 e nel 1995 ha aperto uno spazio per persone diversamente abili, «che qui sulle Ande vengono crudelmente chiamati gli inutili» spiega.

Opportunità. Da allora ha creato una dozzina di laboratori interni di pittura, scultura, intaglio, restauro e liuteria più due esterni: uno di giardinaggio e l’altro per la coltivazione di ortaggi. Con l’aiuto di alcuni ragazzi nel tempo ha sistemato le strutture e ad oggi sono una quarantina le persone che frequentano gli spazi.

«Il mio desiderio era quello di dare un’occupazione a questi ragazzi durante tutta la settimana lavorativa, passando una decina di ore in un ambiente a loro favorevole condividendo preghiera, lavoro, pasti e gioco - racconta il missionario Enrico -. Per farlo ho puntato subito sull’arte, perché dà la possibilità di far loro scoprire il talento nascosto che portano dentro e che non sanno di avere».

Stipendio. Ogni ragazzo che lavora al laboratorio prende un piccolo stipendio, «perché questo dà senso al lavoro - spiega il missionario -, ma anche perché fa sì che la persona venga rispettata e apprezzata all’interno della sua famiglia, in quanto contribuisce al suo sostentamento». Le opere realizzate non vengono messe sul mercato, ma regalate a chi ne ha più bisogno. Dal 2000 il laboratorio è diventato un punto di riferimento anche per i bambini del posto (una ventina quelli accolti attualmente), che frequentano i laboratorio dopo la scuola: l’obiettivo è prevenire le situazioni di disagio che spesso derivano dal lasciarli abbandonati a loro stessi. «Sono tantissime le mamme che ci chiedono di accogliere i loro figli, ma non possiamo prendere tutti i bambini e questo è un grande dolore per me» afferma Enrico.

L’urgenza, ora, consiste nel mandare avanti le attività e permettere a un maggior numero di ragazzi di prendere parte al laboratorio. Il missionario collebeatese ha quindi deciso di chiedere aiuto ai bresciani. Chi volesse aiutare ricodecobiat@gmail.com.

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