La variante inglese del virus, anche a Brescia è corsa ai tamponi

Nessun caso di virus modificato è stato ad ora rinvenuto nel Bresciano. Non è escluso che questo possa accadere nei prossimi giorni, dopo che saranno effettuati i test sulle oltre 130 persone (ma è un numero in difetto) bresciane che sono state in Inghilterra, Scozia, Galles ed Irlanda del Nord a partire dal 6 dicembre scorso.
Le autosegnalazioni devono essere effettuate su appositi moduli che si trovano sui portali web delle Ats. Sarà poi la stessa Ats a comunicare la data del tampone.
Il fatto che nessun caso di virus modificato sia stato rinvenuto, tuttavia, non significa che chi è positivo (magari senza saperlo), o che si è ammalato di Covid-19, non sia stato infettato dalla «variante inglese» del virus che è in circolazione già da fine settembre.«Se essere infettati dal virus classico o dalla variante non modifica la clinica, ed al momento non si ha notizia che questa abbia un impatto sulle terapie e nemmeno sui vaccini in arrivo, ricercare la variante rappresenta un costo inutile» sostiene l’infettivologa Paola Nasta.
Il virologo bresciano Arnaldo Caruso, presidente Società italiana di Virologia e direttore del Laboratorio di Immunologia e Virologia al Civile, spiega le modalità di ricerca del virus: «Per capire quale virus è presente in un tampone non basta il test molecolare, ma bisogna sequenziare l’intero genoma virale. Questo si può fare con diverse metodiche, tutte abbastanza lunghe e molto costose. Noi a Brescia sequenziamo il Sars-Cov-2 tramite "next generation sequencing" ma non abbiamo fondi sufficienti a fare centinaia, o addirittura migliaia, di sequenze genomiche».
Il virus modificato era presente in Inghilterra a fine settembre, per poi diffondersi sempre di più, tanto che a novembre è stato rilevato anche in Danimarca e Australia. La variante inglese del Coronavirus SarsCov2, grazie al suo alto tasso di contagiosità che può arrivare fino al 70% in più rispetto al «classico» sta creando preoccupazioni per l’impatto sulle strutture sanitarie. Secondo gli esperti non dovrebbe creare problemi con il vaccino in arrivo, nè essere più letale, ma con una maggiore contagiosità la pressione per gli ospedali potrebbe diventare insostenibile. Oltre che nel Regno Unito, Danimarca ed Australia, la variante è stata rilevata in Olanda, Belgio, Italia e forse anche Germania. Più della metà dei casi di Covid segnalati nel sud-est dell’Inghilterra è collegato alla variante e la maggior parte delle persone colpite ha meno di 60 anni; in Galles l’età media è di 41 anni.
Vista la sua alta contagiosità, il Consiglio europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) ha invitato i Paesi europei ad analizzare i virus isolati in modo tempestivo per identificare i casi della nuova variante. Vanno identificati immediatamente i contatti delle persone positive alla nuova mutazione o chi ha viaggiato nelle aree colpite, in modo da testarli, isolarli e tracciare i loro contatti. Ed è quello che sta facendo Ats di Brescia, invitando a comunicare, anche se asintomatici, di aver soggiornato o transitato nel Regno Unito, scrivendo al Dipartimento di prevenzione (il modulo su www.ats-brescia.it).
Tre le ipotesi fatte dall’Ecdc sull’origine della variante inglese. La prima è che si sia sviluppata con una prolungata infezione da SarsCov2 in un paziente immunodepresso; l’altra è che grazie ad un processo di adattamento il virus, presente negli animali, sia stato ritrasmesso all’uomo dall’animale, come accaduto negli allevamenti di visoni in Danimarca e Olanda. La terza ipotesi è che la variante sia emersa attraverso la circolazione in paesi con poca o inesistente copertura di sequenziamento genetico.
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