«La Prima Repubblica era al tramonto, noi votammo Miglio»

Corsa al Quirinale: l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro nel racconto del bresciano Giulio Arrighini, deputato Lega Nord XI e XII Legislatura
Giulio Arrighini, deputato Lega Nord XI e XII Legislatura - Foto © www.giornaledibrescia.it
Giulio Arrighini, deputato Lega Nord XI e XII Legislatura - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Nel 1992 alle elezioni politiche la Lega Nord ottenne a sorpresa un incredibile 8,6%, grazie alla crescita travolgente di consensi ottenuta nelle Regioni settentrionali. Gli ultimi arrivati nell’arena politica potevano contare su una pattuglia parlamentare consistente: 25 senatori e 55 deputati.

Tra loro c’era Giulio Arrighini, al tempo trentenne, eletto nel collegio Brescia-Bergamo e che sarebbe stato riconfermato anche nella Legislatura successiva. A lui è affidato il compito di ricordare l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro avvenuta il 25 maggio 1992.

On. Arrighini cosa ricorda di quei giorni?

La tornata elettorale si era svolta il 5 aprile e subito noi deputati ci siamo trovati alle prese con l’elezione del presidente della Camera: il nostro candidato era Marco Formentini che un anno dopo sarebbe diventato sindaco di Milano. Mi ricordo che tra la terza e la quarta votazione, quando poi sarebbe stato eletto proprio Scalfaro, ero in ascensore e incontrai Bossi. Mi portò con sé in un ufficio adiacente all’Aula, dove c’era Giuliano Amato con alcuni suoi collaboratori che stavano contando le schede. Ricordo l’orgoglio che provai quando Amato si mostrò molto ammirato per il fatto che i 55 deputati leghisti avevano votato compatti senza franchi tiratori.

Poi venne l’elezione del Presidente della Repubblica.

Cossiga si è dimesso due mesi prima della scadenza del suo mandato e quindi subito ci siamo trovati alle prese con il voto per il Colle. Il clima in Parlamento era teso e Scalfaro venne eletto dopo la strage di Capaci alla sedicesima votazione. Noi votammo sempre per Gianfranco Miglio che poteva essere il primo presidente espressione di Lombardia e Veneto. Quando venne eletto Scalfaro ricordo di aver avuto brutte sensazioni, pensai: «Ci è voluta la Mafia per costringere i partiti a convergere su un nome».

Come valuta la presidenza di Scalfaro?

È stato l’ultimo presidente della prima Repubblica. Non è un buon ricordo: era un iper ortodosso completamente avverso alle nostre posizioni radicali. Scalfaro non era empatico, non era simpatico. Anche da presidente della Camera aveva un piglio poliziesco nel condurre l’aula e mal tollerava la nostra presenza. Certo noi come gruppo parlamentare eravamo abbastanza turbolenti. Ricordo tafferugli in aula fra noi e gli esponenti della Dc, del Psi e dell’Msi. Ma più in generale Scalfaro percepiva di essere l’ultimo rappresentante della sua generazione. Ricordo la differenza di stile di Giorgio Napolitano: autorevole e carismatico. Quando entrava a presiedere l’Aula non aveva bisogno di richiamare all’ordine. Aveva un diverso senso delle istituzioni.

Lei aveva capito che una stagione politica si stava chiudendo?

Sì, si respirava un’atmosfera di svolta. Ma soprattutto Bossi dimostrò di aver capito che un cambiamento era in atto nel Paese. E ci convinse che il sistema politico sarebbe cambiato nella direzione da noi auspicata. Ci credevamo tutti. Ricordo un grande coinvolgimento emotivo di noi leghisti eletti in Parlamento.

Come vede l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica?

I partiti sono assolutamente imprevedibili e senza una strategia. E con un gruppo Misto così vasto la partita è assolutamente ingestibile. Non solo, nel 1992 nel corso delle elezioni del Presidente sapevo che qualsiasi uomo politico fosse risultato eletto sarebbe comunque stata una figura di un certo livello. Oggi il nuovo presidente della Repubblica rischia di essere di un livello politico simile a molti componenti dell’attuale Parlamento, con tutti i limiti che questo comporta. Nel 1992 al mio arrivo alla Camera mi trovai davanti tutti: da Craxi ad Andreotti, da Forlani a De Mita. Li consideravo avversari, ma erano politici con esperienza e con cui ci si poteva confrontare. Oggi i gruppi parlamentari si preoccupano solo della propria sopravvivenza e rinunciano ad una visione.

(3-continua. Qui la seconda puntata)

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