La legge sul diritto all’oblio oncologico tutela oltre 20mila ex malati bresciani

Diritto all’oblio. Non della persona, naturalmente, ma della propria storia di malattia che pesa come un macigno sul ritorno ad una esistenza come quella di chi non ha avuto il cancro.
Partendo proprio dalla considerazione che il malato non è solo la sua malattia, a maggior ragione se sono trascorsi anni dalla sua guarigione. Per questo ha diritto a non essere discriminato e a vivere una vita come quella di tutti.
Diritto che, solo nel Bresciano, è stato per anni sostanzialmente negato ad oltre ventimila persone. Numero che sale a sessantamila se si aggiungono anche coloro che con la malattia ci stanno convivendo: il progresso delle terapie ha reso il cancro non solo sempre più guaribile, ma lo ha anche cronicizzato.
Il via libera
L’approvazione all’unanimità alla Camera dei Deputati del testo sull’oblio oncologico (la legge è ora al Senato) è stato accolto da molte persone, tra cui le migliaia che aderiscono alle 45 Associazioni di pazienti del Gruppo «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere» che da anni combattono questa battaglia a fianco di società scientifiche e istituzioni, come un risultato che ha significati molto più ampi rispetto ai pur importanti contenuti del testo.
Significa che il cancro non è più percepito come un male inguaribile, ma come un gruppo eterogeneo di patologie, più o meno insidiose, per le quali si registrano ottimi tassi di sopravvivenza e di guarigione clinica.
La storia
Ritorno alla vita non significa rinnegare la propria storia, ma desiderare una «normalità» che permetta di non subire discriminazioni nell’esercizio dei propri diritti, in particolare con riferimento all’accesso ai servizi finanziari, bancari e assicurativi. Ai concorsi. Anche, il diritto ad adottare un bambino senza che vengano effettuate indagini sulla propria storia clinica.
L’impegno dei legislatori è di «assicurare a ogni persona che sia stata affetta da patologia oncologica, uguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza al lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi».
Il test che tutela i guariti, cinque articoli in tutto, ora passa al Senato ma le migliaia di persone, e associazioni, che si sono impegnate per anni per «il diritto all’oblio oncologico» sono, a ragione, ottimiste. Una legge che gli stessi ex malati hanno definito «una vera rivoluzione che ci permetterà di vivere finalmente appieno la vita». Una rinascita clinica e sociale, perché gli ex pazienti oncologici avranno gli stessi diritti di chi non si è ammalato di tumore.
Cosa prevede la legge
La nuova legge prevede che le indagini sulla storia clinica di una persona non possono avere ad oggetto patologie oncologiche trascorsi dieci anni dalla fine del trattamento terapeutico, in assenza di recidive o ricadute. Cinque anni se la patologia è insorta prima del compimento del ventunesimo anni di età.
Un testo all’avanguardia che unifica nove proposte di legge presentate da vari partiti e dal Cnel (Consiglio nazionale economia e lavoro), e ha avuto due relatrici, Marrocco per la maggioranza e Boschi per la minoranza, proprio a segnalare la comunanza di intenti della politica sul tema.
Le reazioni
«Finalmente si è arrivati alla conclusione di questo atto parlamentare. È da anni - dichiara Annamaria Mancuso, coordinatrice del Gruppo «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere» - che promuoviamo questo tema così importante anche attraverso l’Intergruppo parlamentare.
Avendo vissuto l’esperienza di una malattia oncologica da giovanissima, a 32 anni, so cosa significa non riuscire ad adottare un figlio per problemi burocratici legati alla pregressa malattia e l’umiliazione di sentirsi osservata e indagata nella sfera più privata come quella della salute. La legge sull’oblio oncologico è un traguardo di civiltà che pone il nostro Paese in linea con l’Europa. Auspichiamo - aggiunge Mancuso - che anche l’approvazione al Senato possa avvenire rapidamente. Questo successo dimostra ampiamente che quando la politica lavora seriamente e prende a cuore temi che riguardano tutti i cittadini, i risultati ci sono e sono positivi perché migliorano profondamente la vita delle persone».
Grazie al «diritto all’oblio» riconosciuto per legge, dunque, una persona che ha avuto un tumore non deve essere costretta a dichiarare la pregressa patologia, trascorso un certo periodo di tempo dalla fine dei trattamenti.
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