La difesa dei baristi: «Estorsione inventata per non pagare i debiti»

A Palazzo di Giustizia il turno delle difese dei fratelli Scarpello, accusati anche di lesioni, spaccio e ricettazione
Il tribunale di Brescia Foto © www.giornaledibrescia.it
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L’estorsione non è mai avvenuta ma è «stata inventata dalle parti offese per non pagare gli ingenti debiti che avevano accumulato» e poi «non è possibile stabilire che la pistola fosse dell’imputato» così come «i pezzi delle auto non erano ricettati ma tenuto in deposito per conto di un conoscente».

Nell’udienza del processo a carico dei fratelli Fabio e Maurizio Scarpello, ex titolari di bar a Gussago e Concesio, accusati a vario titolo di estorsione, tentata estorsione, spaccio, ricettazione e detenzione di armi dopo che la scorsa settimana si erano registrate le richieste della Procura è stato il turno della difesa, rappresentata dagli avvocati Paolo Botticini e Massimiliano Piccinelli.

Botticini nella sua discussione si è concentrato sulla denuncia da cui è partita l’indagine poi condotto dai carabinieri, quella della moglie di un operaio dipendente dalla cocaina e che sarebbe stato vittima delle estorsioni.  Secondo Botticini invece «il comportamento delle parti offese è stato contradditorio» e «la realtà è diversa da quella che loro hanno raccontato». Per l’avvocato infatti «non è logico che la vittima di una estorsione, dopo i fatti, passi ogni giorno diverse ore nel bar della persona che lo avrebbe minacciato e di cui avrebbe paura» e neppure che «si faccia prestare la sua auto per portare la moglie a cena, che vada al ristorante con lui e la compagna e che addirittura gli affidi il figlio di sei anni da portare alle lezioni di equitazione». Per l’avvocato «l'estorsione e la tentata estorsione non sono mai avvenute, ma sono state inventate dalle persone offese per non pagare i debiti che hanno maturato non tanto per la droga ma per le consumazioni al bar e per i lavori idraulici in casa che uno degli impuntati ha eseguito».

Passando poi allo spaccio, che gli imputati hanno ammesso in aula, Botticini ha ricordato che «si sono comportati da piccoli intermediari». Per l’estorsione ha chiesto dunque l’assoluzione e per lo spaccio il minimo della pena.  

Il collega Massimiliano Piccinini si è invece concentrato sugli altri capi di imputazione: per quello che riguarda le lesioni ha chiesto di non procedere dato che le vittime hanno accettato i risarcimenti proposti prima dell’apertura del processo e per la ricettazione ha spiegato che le parti di auto trovate nel garage erano state “custodite per conto di un conoscente che le voleva vendere”.

Sul tema dell’arma clandestina, trovata dai carabinieri nel corridoio del condominio durante la perquisizione ma solo ad un secondo passaggio, Piccinelli ha spiegato come «non fosse possibile che sia stato l’imputato o la sua fidanzata a spostarla dato che sono sempre stati sorvegliati dai carabinieri e che non c’era modo di spostarla dall’appartamento. Non è quindi possibile stabilire di chi sia l’arma e per tanto l’imputato è da assolvere».

Si torna in aula il 14 aprile per le repliche e la camera di consiglio.  

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