La crisi delle scuole di specializzazione: mancano medici d'emergenza urgenza

Tanto deserto e poche oasi. Si possono sintetizzare così le contraddizioni della sanità italiana che è passata dalla mancanza di opportunità per i neolaureati in Medicina di continuare il percorso di formazione a causa dei pochi posti nelle Scuole di specializzazione - tanto che per anni si è parlato di «imbuto formativo» - al suo contrario.
Per alcune specializzazioni, nonostante ci siano posti a disposizione, molte borse vanno deserte.
Lo sguardo
Lo sguardo sulle scelte degli anni precedenti viene rivolto proprio nei giorni in cui i neolaureati in Medicina stanno decidendo a quale specialità iscriversi. I giovani medici hanno avuto tempo dal 14 maggio al primo giugno per effettuare online la prima parte di iscrizione alla Scuola.
Al concorso, pubblicato sul sito del ministero Università e Ricerca, possono partecipare tutti i candidati che si laureano in Medicina e Chirurgia entro giovedì 13 luglio 2023 e la prova nazionale si terrà il 14 luglio e solo con successivo provvedimento integrativo al bando saranno indicati i posti disponibili per ciascuna scuola di specializzazione attivata. Le attività didattiche del primo anno per le specializzazioni in Medicina inizieranno il prossimo novembre.
La fuga
La fuga dagli ospedali inizia qui: su 344 borse complessive assegnate all’Università degli Studi di Brescia per il primo anno che è iniziato lo scorso novembre, quelle effettivamente assegnate sono state 265 distribuite nelle 36 Scuole di Specializzazione attive nel nostro Ateneo.
Anche a livello nazionale vi è sproporzione tra offerta e domanda: su 12.428 posti disponibili, quelli assegnati al primo anno sono stati 10.908.
La fuga, tuttavia, non è omogenea e, da un primo sguardo al tabellone emerge che si verifica soprattutto dai reparti più difficili e da quelli che lasciano pochi margini di lavoro al di fuori dagli ospedali.
In Anatomia patologica, ad esempio, non è stata assegnata alcuna borsa sulle cinque bandite. In Anestesia, dieci contratti in meno rispetto ai 33 a disposizione. In Chirurgia generale gli aspiranti chirurghi attualmente iscritti al primo anno di specializzazione sono sei su tredici borse assegnate. In fuga anche da Microbiologia e Virologia: un solo nuovo medico in formazione su sei posti messi a bando. Non va meglio la Radioterapia: sei posti, un iscritto che, tuttavia, ha rinunciato nel corso dell’anno.
Nella specialità di «frontiera», quella Medicina d’emergenza-urgenza di cui tanto si parla perché sono gli specialisti che si incontrano nei Pronto soccorso, le borse complessive assegnate all’Università di Brescia per l’anno accademico 2022-2023 erano sedici, ma solo tre sono i medici che attualmente sono iscritti al primo anno.
Caduta libera
I numeri parlano chiaro: la medicina sta diventando un affare selettivo, in cui le specialità più colpite e sotto pressione durante la pandemia da Covid-19 e quelle gravate da maggiori oneri e minori onori sono in caduta libera, non hanno più appeal. Dunque, non è un problema di medici, ma di medici specialisti. Di «alcuni» medici specialisti.
«I numeri persi non li recuperiamo più. Al massimo una decina di contratti nei prossimi dieci anni e sugli attuali iscritti al primo anno statisticamente ci aspettiamo ancora abbandoni, anche fino al 10%» affermano Marco Fontanella, delegato del rettore per le Scuole di specializzazione medica e Stefania Varni, responsabile dell’Unità operativa complessa Scuole di specializzazione dell’Università degli Studi di Brescia.
Spunta la parolina magica: programmazione.
«Bisogna fare un serio censimento, in ogni regione, per capire quanti nuovi specialisti servono in rapporto a coloro che lasciano per raggiunti limiti di età - spiega Fontanella che a Medicina è direttore della Scuola di specializzazione in Neurochirurgia -. Prendiamo la mia specialità: il Ministero deve chiedere cento nuovi contratti ogni anno e questo significa che in dieci anni avremo, su base nazionale, mille neurochirurghi. Oggi gli operativi sono settecento, di tutte le età, ed è evidente che mille in più saranno troppi. Con questo sistema, che non tiene conto delle effettive necessità ma che aumenta a tappeto il 10% dei posti su tutto, quelle meno richieste lo saranno ancora meno, tant’è che molte specialità sono penalizzate e rischiano di diventare un ripiego per chi non è riuscito ad accedere a quelle più gettonate. Ma la chirurgia non può essere un ripiego».
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