Incidente nautico: «Vogliamo incontrare le famiglie»

Per gli inquirenti era ai comandi del motoscafo al momento del tremendo impatto con il gozzo in legno fermo in mezzo al lago. Ma non ci sono prove certe e per questo domenica sera era stato rimesso in libertà dal sostituto procuratore Maria Cristina Bonomo, dopo che i carabinieri lo avevano arrestato qualche ora prima. Di certo c’è che il proprietario del potente Riva che ha travolto la piccola imbarcazione nelle acque del lago di Garda a Salò uccidendo due persone si è rifiutato di sottoporsi all’alcol test. L’amico, connazionale e coetaneo, non si è invece opposto ed è risultato negativo.
«I carabinieri non hanno rinvenuto una norma che consentisse loro di chiedere il prelievo coattivo del sangue per le analisi alcolemiche e tossiciologiche - spiega il procuratore capo di Brescia Francesco Prete sottolineando il vuoto normativo -. D’altra parte la legge introdotta nel 2016 per la circolazione stradale non può essere estesa alla navigazione. Il legislatore prevede norme anche forse eccessivamente severe da una parte e non ne prevede invece dall’altra».
«Hanno detto di aver bevuto solo un bicchiere di vino a testa durante la cena perché sapevano poi di doversi spostare in motoscafo» racconta l’avvocato Guido Sola, legale dei due tedeschi, entrambi 52enni, che ora chiedono di incontrare le famiglie del 37enne Umberto Garzarella e della 25enne Greta Nedrotti. I due occupanti del gozzo, morti probabilmente mentre stavano dormendo al largo di Portese. Umberto è stato trovato in posizione fetale, sulla parte sinistra anteriore della barca, con a fianco la borsa e le scarpe di Greta Nedrotti, sbalzata invece in acqua, dove è stata recuperata dodici ore più tardi a cento metri di profondità e con le gambe semiamputate.
Dalla Germania i due turisti tedeschi accusati di duplice omicidio colposo e omissione di soccorso, manager in aziende della Baviera e da 20 anni frequentatori del lago di Garda, hanno dato mandato al loro avvocato. «Vogliamo metterci in contatto con le famiglie dei due ragazzi. È una tragedia che non riusciamo a spiegare. Vogliamo esprimere la nostra vicinanza per il dolore che stanno provando». Da indagati a piede libero, sono rientrati a casa loro a Monaco. «Non sono scappati, ma sono andati in Germania dopo essersi messi a disposizione delle autorità italiane. Pronti ad arrivare a Brescia qualora servisse e quando ci sarà un processo» assicura l’avvocato modenese Guido Sola.
In attesa dell’autopsia sui corpi delle vittime, prevista per domani, gli inquirenti lavorano sulla dinamica dell’incidente. Determinanti saranno le perizie sulle due imbarcazioni coinvolte. È probabile che il motoscafo abbia impattato con la barca in legno, planando successivamente, e che le vittime siano state colpite e uccise dalle eliche del motore del potente Riva. «Abbiamo visto solo le luci della costa, per il resto il lago era buio. Quella barca non l’abbiamo vista. Abbiamo sentito un botto, ma pensavamo di essere passati sopra un tronco o uno scoglio» è il pensiero dei due accusati. Le telecamere del lungo lago di Salò avevano inquadrato il proprietario del motoscafo ormeggiare il motoscafo, ma in fase di interrogatorio i due stranieri hanno raccontato di essersi alternati ai comandi. Non c’è quindi la certezza su chi effettivamente stesse guidando al momento dell’incidente.
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