In piazza Vittoria così è rinato l’Arengario

Concluse le operazioni di restauro dell’Arengario di piazza Vittoria, iniziate lo scorso 7 ottobre, appare rinato il piccolo pulpito inserito nella progettazione di epoca fascista dell’architetto Marcello Piacentini. L’iter ha, in realtà, richiesto un lungo lavoro di ricerca e d’archivio e «una articolata e proficua interlocuzione con la Soprintendenza».
Una fase che «si è resa necessaria per risolvere i problemi strutturali del manufatto - ha spiegato l’assessore comunale alla Rigenerazione urbana Valter Muchetti - le cui superfici presentavano fenomeni di degrado dovuti a diversi fattori», come le caratteristiche particolari del materiale - il marmo rosso di Verzegnis, del Friuli-Venezia Giulia - e l’esposizione agli agenti atmosferici. Ed anche, la scoperta è avvenuta durante lo studio preliminare, lo smontaggio e il rimontaggio del monumento in concomitanza con la realizzazione del parcheggio interrato nei primi anni ’70.
Due le direttrici dell’intervento, effettuato dall’azienda Lorenzini di Gussago e costato 85mila euro, illustrate dall’architetto Patrizia Scamoni, con la dirigente del servizio di Edilizia monumentale del Comune, Anna Begni: consolidamento statico e restauro delle superfici. Il primo ha riguardato la balaustra lapidea, di cui è stata rinforzata una parte della soletta in cemento armato; è stato demolito il sottofondo ed è stata posata una guaina impermeabilizzante per arrestare le infiltrazioni di acqua piovana. Sono stati inoltre ancorati i fondelli delle balaustre per evitarne la rottura ed è stata collocata una tensostruttura all’interno del parapetto per impedire il ribaltamento verso l’esterno delle lastre.
Le pietre, invece, sono state pulite utilizzando spazzole con setole morbide e spugne naturali, mentre le incrostazioni saline sono state rimosse con il bisturi; sono stati poi ricostruiti alcuni elementi mancanti con il ricorso alla medesima tipologia di materiale, la pietra che venne adottata dallo scultore Antonio Maraini per incidere la galleria di bassorilievi che ripercorre la storia di Brescia per episodi, dall’età romana fino al Ventennio. Tra queste scene sono spuntate anche due iniziali, probabile firma dell’artista romano.
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