In piazza e sui social per chiedere il Giusto Mezzo

Anche la bresciana Estetista Cinica sostiene la petizione contro il gender gap
L’imprenditrice Cristina Fogazzi - Foto © www.giornaledibrescia.it
L’imprenditrice Cristina Fogazzi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Una petizione da 40mila firme sul tavolo del premier Giuseppe Conte, per chiedere che metà del Recovery Fund sia utilizzato a favore delle donne e del loro lavoro. Un flash mob martedì scorso davanti al Pantheon a Roma, con il sostegno bipartisdan di diverse parlamentari. E poi, migliaia di storie di discriminazione raccolte sui social con l’hashtag #NonèGiusto, in una campagna sostenuta dalle maggiori influencer italiane.

Sono questi i numeri de Il Giusto Mezzo, movimento nato per far sì che Next Generation Eu sia una svolta storica per mettere fine alle disuguaglianze di genere. Tra le paladine c’è l’imprenditrice bresciana Cristina Fogazzi, alias Estetista Cinica.

«Altro che indignazione da divano, è ora di rispolverare l’attivismo. E se profili Instagram come il mio (704mila follower ndr) possono fare da cassa di risonanza a iniziative come questa, ben venga». Perché ha scelto di appoggiare Il Giusto Mezzo? «Ho 44 dipendenti, 41 sono donne. Conosco il loro valore, ma so quanti ostacoli affrontano per conciliare carriera e famiglia. Spesso sono costrette a scegliere tra figli e lavoro, perché gli asili nido sono introvabili o hanno rette insostenibili. Per accudire genitori anziani o disabili, accantonano la professione o chiedono il part time, magari proprio quando sono in odore di promozione. E tocca a loro farlo, perché la mentalità media in Italia lo dà per scontato. Abbiamo leggi vecchie di 50 anni che avallano stereotipi superati, ma il mondo nel frattempo è totalmente cambiato».

Quali sono le vostre proposte? «Aiutare le donne significa aiutare l’intera società: se cresce il loro lavoro aumenta il Pil e tutto il Paese ne trae vantaggio. Per farlo servono politiche nazionali. Mi riferisco al sostegno alle attività di cura, che non possono continuare a gravare sulle spalle delle donne, ma devono poter contare sullo Stato. Un’offerta diffusa di asili nidi a tempo pieno su tutto il territorio nazionale, ad esempio. E poi incentivi all’occupazione femminile, che con il Covid è scesa al 48%, e all’imprenditoria in rosa».

Nella sua azienda, fate qualcosa di concreto? «Prima di tutto, non ci sono discriminazioni né disparità salariali. Pare scontato, eppure non è la normalità ovunque. Stiamo pensando all’asilo aziendale, ma non si può delegare tutto alle iniziative private di alcuni illuminati. Tutto questo deve diventare strutturale».

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