Imbarazzi e ironia: le manovre elettorali entrano in Consiglio comunale

A un certo punto, nel mezzo della dichiarazione di voto sulla modifica dello statuto del Consorzio Brescia Mercati, il capogruppo della Lega Massimo Tacconi ha scandito al microfono quel che nell’aula era ormai evidente: «Inutile fare tavoli di lavoro, ormai siamo in campagna elettorale».
Poco dopo, sullo stesso tema, è Guido Galperti (Italia Viva) a incastrare con nonchalance un inciso nel suo discorso: «Noi abbiamo votato a favore di questa delibera anche in Broletto, dove invece non è passata proprio per dissidi interni alla maggioranza: prima o poi quindi bisognerà anche capirsi…» ironizza.
Come a dire: un problema nel centrosinistra c’è, eccome. I sorrisi accigliati e le scoordinate pacche sulla spalla non sono insomma riusciti a dissimulare un clima se non di evidente tensione, quantomeno imbarazzato. Specie tra i banchi della maggioranza, dove - seppur con garbo - il termometro politico, in questo valzer delle incertezze che contraddistingue la (non) scelta del futuro candidato sindaco, sta iniziando a raggiungere temperature da scintille.
Alleanze
I sintomi di una pazienza ormai smarrita da parte di molti si rileggono alla spicciolata, nel corso di un Consiglio comunale (di scena ieri dalle prime ore del mattino) che ha visto sfilare in Aula delibere di non poco conto: dall’ultima variazione di bilancio della legislatura di Emilio Del Bono al Documento unico di programmazione del 2023, anno della chiamata alle urne. E la volontà di contenere un impaccio palpabile non è riuscita sempre a tradursi in pratica, disvelando anche i rapporti di forza e i vari braccio di ferro interni ed esterni ai due schieramenti, che si stanno muovendo - anche attraverso le dichiarazioni sugli atti amministrativi - squisitamente in ottica elettorale. Si nota in più occasioni.
Sulla delibera che va ad ampliare, a meno di sei mesi dal voto, i componenti del gruppo di lavoro per il monitoraggio del sistema di raccolta dei rifiuti - ad esempio - la capogruppo di Forza Italia, Paola Vilardi, non ce l’ha fatta a non infilare il dito nella piaga: «Si trattava di un organismo tecnico in cui tutti erano rappresentati: avete la necessità di accontentare qualcuno e di farlo sedere al tavolo, dunque questa è una mossa politica che si tradurrà in interventi politici anche dell'opposizione» è il j’accuse, respinto al mittente dal presidente della Commissione Ambiente, Roberto Omodei («non è un organo necessario per legge» ha ricordato).
Ma la manovra che sta dietro questa scelta non è un segreto. Brescia green di Gianluigi Fondra ha giocato a carte scoperte settimane fa, conclamando che una delle condizioni per sedere nella squadra del centrosinistra per Loggia 2023 era appunto questa: portare Angela Maria Paparazzo a sedere a quel tavolo. La maggioranza ha messo a segno il gesto di apertura ieri, ma ha poi fatto mancare il numero legale per rendere il provvedimento subito attuativo: entrerà quindi in vigore a gennaio (e questo Brescia green lo ha notato: non a caso sul Dup si è astenuta).
Stallo
Per tutto il giorno l’eco dello stallo politico attorno alla (non) scelta del candidato sindaco del centrosinistra ha condizionato l’Aula, in cui tutti e tre i delfini indicati dal sindaco Emilio Del Bono - ossia Laura Castelletti, Federico Manzoni e Valter Muchetti - sono intervenuti (e le loro «arringhe» non sono passate inosservate, anzi: sono state passate allo scanner).
Che succede quindi ora? Questa sarà verosimilmente una «settimana bianca»: non ci sarà il verdetto sul candidato. Allo scenario peggiore, quello di arrivare a una frattura più larga di quella attuale (che vede fuori dall’alleanza Italia Viva), il centrosinistra non vuole neppure pensare. Però una cosa, tra i corridoi di Palazzo Loggia e nella sede dei dem, si sa (anche se non si dice ufficialmente): la grande paura di perdere si chiama «fuoco amico».
A fronte di un’indicazione degli alleati che punta sulla vicesindaco, i passaggi sono tutti interni al Pd, che risulta diviso: la prima interlocuzione sarà tra i segretari cittadino e provinciale, Tommaso Gaglia e Michele Zanardi, quindi interverrà la delegazione allargata, infine toccherà all’Assemblea. Nel frattempo uno spicchio del partito sta facendo moral suasion per fare compiere un passo indietro a Manzoni e garantirsi così il ruolo di vice con Castelletti come frontwoman, mentre l’idea del sindaco - che della sua numero due è il primo sponsor - è che tanto Manzoni quanto Muchetti si debbano giocare il ruolo di braccio destro a suon di preferenze.
Nel Pd sembra essersi davvero aperta una breccia pro Castelletti, ma - per citare alcuni consiglieri - «l’equilibrio è fragile, si cammina sulle uova, c’è nervosismo, tensione».
Anche perché ora il pressing degli alleati si è fatto insistente e cresce la posta in gioco: l’unità e il rischio che si esca del tutto dalla terna indicata da Del Bono. Senza contare che se l’intesa su Castelletti non ci sarà, resta da capire come si muoverà Azione: sosterrà comunque un candidato de che non ha finora appoggiato, oppure seguirà Italia Viva ricomponendo anche a Brescia il Terzo polo? La domanda resta sospesa nell’aria. Anche tra i corridoi di Palazzo Loggia.
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