Illuminazione spenta: stasera a Brescia si accende la protesta

Crescono anche nel Bresciano le adesioni all’iniziativa dell’Anci. Intanto la Loggia pensa ad un fondo per aiutare le famiglie
La Loggia resta spenta
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La protesta si accenderà stasera, alle 20. I sindaci spegneranno le luci su monumenti, piazze o edifici significativi del loro Comune. Una protesta simbolica contro il caro bollette che sta mettendo in crisi non solo famiglie e imprese ma anche i bilanci degli enti locali, col rischio di dover tagliare i servizi ai cittadini per far quadrare i conti.

«Non vorremmo ritrovarci ancora una volta a dover scegliere tra salvaguardare gli equilibri di bilancio e erogare servizi ai cittadini» ha spiegato il presidente nazionale dell’Anci Antonio Decaro nel lanciare l’iniziativa. Un’iniziativa che continua a raccogliere adesioni, da Roma a Milano, da Firenze a Torino.

Dal Bresciano è subito arrivato il sì del capoluogo: stasera, dalle 20 alle 21, verrà spenta l’illuminazione di palazzo Loggia. «Il forte aumento dei costi si ripercuote negativamente sui bilanci degli enti locali e, quindi, sulla possibilità di erogare con continuità i servizi pubblici ai cittadini» spiega il sindaco Emilio Del Bono, vicepresidente nazionale Anci.

Ma anche gli altri Comuni si stanno muovendo, lasciando al buio per mezz’ora, un’ora o pochi minuti monumenti simbolo. Chiari ha deciso di spegnere la luce sulla torre civica, il sindaco di Desenzano Guido Maliverno staccherà la corrente alle mura del castello, Lumezzane lascerà al buio il Municipio e Torre Avogadro, Palazzolo potrebbe spegnere la luce della Torre del Popolo (San Fedele). «Decideremo nelle prossime ore» spiega il sindaco Gabriele Zanni, presidente dell’Associazione dei Comuni Bresciani.

«Certo è che servono risposte. I Comuni avevamo chiesto interventi al Governo nella legge di stabilità che non sono arrivati. Ora siamo in grossa difficoltà». I calcoli dell’Anci stimano un surplus di spesa di 550 milioni di euro, a fronte di una bolletta energetica di 1,6-1,8 miliardi per tutti gli 8mila comuni italiani. Un terzo in più. I primi cittadini non chiedono l’autorizzazione allo scostamento di bilancio ma vogliono un fondo ad hoc contro i rincari.

«Con l’illuminazione pubblica i Comuni italiani danno luce a tutto il Paese - ha spiegato ieri Decaro -. Un rincaro del 30% non ci permetterebbe di chiudere i bilanci e potremmo essere costretti a tagliare servizi essenziali, a cominciare dalla pubblica illuminazione che svolge un ruolo fondamentale anche in termini di sicurezza urbana». Basti dire che la Loggia per il 2022 ha già previsto che il costo dell’illuminazione pubblica passerà da 7,5 a 8,5 milioni di euro. Ma se i rincari dovessero essere maggiori, le cose si potrebbero complicare pesantemente. Intanto le adesioni al black out continuano ad arrivare. A Roma verranno spente le luci del Campidoglio.

A Firenze il sindaco Dario Nardella spegnerà Palazzo Vecchio. «Il Comune di Firenze rischia un ammanco superiore a 10 milioni di euro» spiega. Al buio anche la Mole Antonelliana a Torino, per un’ora. «Serve un intervento deciso e tempestivo del governo - dice il sindaco Stefano Lo Russo -. Non possiamo permetterci di vanificare i grandi sforzi che si stanno compiendo per il rilancio dell’economia, il Governo intervenga». Buio per un’ora, dalle 20 alle 21, lungo le Mura veneziane di Bergamo e a Treviglio. Dall’Abruzzo oltre 20 Comuni aderiscono alla protesta, e la Provincia di Chieti. Sul piede di guerra anche il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna che, per sensibilizzare il governo, ha già spento le luci notturne interne del castello e dei palazzi comunali.

Piena adesione dai Comuni di Anci Sicilia mobilitati dal presidente Leoluca Orlando che ha lanciato l’allarme anche per gli effetti che i rincari produrranno anche sulle società partecipate. Appelli a spegnere arrivano dalle Anci di Puglia, Piemonte, Liguria, Veneto, Lazio e Calabria. Il fondo del capoluogo.

La Loggia nel frattempo, oltre alla protesta simbolica di stasera e in attesa delle misure del Governo, sta lavorando alla creazione di un proprio fondo per aiutare le famiglie in difficoltà. Un contributo distribuito in base alle fasce di reddito (secondo l’Isee) che dovrebbe coinvolgere almeno un terzo delle famiglie cittadine, forse di più, in base alle risorse disponibili. L’obiettivo è infatti mettere in campo una misura corposa. Sarebbe il primo Comune a farlo. Si vedrà.

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