Il viaggio in bianco e nero tra i bresciani «Armati di paura»

Il fotografo bresciano Claudio Rizzini sta ottenendo riconoscimenti con il suo reportage dedicato alle persone che hanno armi in casa
  • Claudio Rizzini - Armati di paura
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Una semplice domanda: «Fammi vedere la stanza in cui ti senti meno sicuro». Il salotto, la cucina, la camera da letto delle persone che aveva di fronte sono così diventati i set per le potenti fotografie in bianco e nero del reportage «Armati di paura», con cui il fotografo bresciano Claudio Rizzini racconta «l’atmosfera che si respira in questi anni, con l’aumento delle licenze di porto d’armi per uso sportivo, relativamente facili da ottenere, senza che però aumentino gli iscritti ai poligoni».

Quelle armi, dunque, servono da qualche altra parte. A partire dalle case in cui Rizzini ha ritratto i suoi soggetti, chi con la pistola sul tavolo, chi con il fucile accanto al letto. 

«Io non sono contro le persone che si armano, per me loro in questo caso sono le vittime - dice il fotografo -. La paura che sta portando ad armarsi per me è ingiustificata e spero proprio che non debbano mai usare queste armi».

 

Armati di paura © Claudio Rizzini
Armati di paura © Claudio Rizzini

 

A fine novembre, il reportage ha vinto la sezione Lettura portfolio dell’Observa Street Photo Festival di Chiari, mentre in precedenza era stato selezionato al Festival della Fotografia Etica di Lodi, nonché per il Premio Dondero, a Milano, dove Rizzini è arrivato in finale lo scorso anno con un lavoro sulla classe operaia in mostra dal 9 febbraio prossimo al Museo Nazionale della Fotografia di Brescia. E lunedì parte delle fotografie sulle persone armate sono state pubblicate nelle pagine di Repubblica.

«L’idea mi è venuta perché già da qualche tempo osservo questa corsa ad avere una sicurezza riposta nell’arma, segno che purtroppo la gente non ha più fiducia nello stato, non si sente difesa - prosegue -. Ho niziato nel 2017, prima del nuovo governo che sta spingendo la gente ad armarsi ampliando il campo della legittima difesa. Per me è sbagliato, si rischia una deriva di tipo americano. Per lavoro ho viaggiato un po’ negli Stati Uniti e l’idea di avere persone armate attorno a casa mia non è piacevole».

 

Armati di paura © Claudio Rizzini
Armati di paura © Claudio Rizzini

 

Nel 2017 le licenze per porto d'armi hanno raggiunto quota 1,7 milioni, con un deciso aumento di quelle ad uso sportivo (+ 41% negli ultimi quattro anni, dice l'Eurispes), mentre il Censis stima che ci siano armi da fuoco nelle case di 4,5 milioni di italiani, nonostante i dati sulla criminalità indichino una riduzione dei reati, con un -11% di omicidi nel 2017 rispetto all'anno precedente, il -7% dei furti e il -20% di rapine. 

Rizzini, classe 1963, lavora come impiegato tecnico e si è avvicinato alla fotografia per passione. «Mi piace il bianco e nero, l’idea di fare reportage. I miei riferimenti sono Mario Dondero, Uliano Lucas e Paolo Pellegrin - spiega -. Da ragazzo avevo una macchina analogica che usavo per fare fotografie durante i viaggi, nel mio archivio ho le foto dell’ultimo concerto di De André a Brescia. Ma non ho mai seguito corsi, ho sempre avuto una passione per il cinema, il fumetto con autori come Hugo Pratt. Credo che tutto ciò mi abbia formato, fino a quando nel 2014 ho iniziato col digitale a lavorare a una fotografia di tipo umanistico.

 

Saluteremo il Signor Padrone - Claudio Rizzini
Saluteremo il Signor Padrone - Claudio Rizzini

 

Il lavoro di Rizzini è paziente, la sua macchina fotografica entra in contatto con le persone e cerca di andare oltre la superficie. Per «Armati di paura» è entrato nelle case dei bresciani, mettendoli a nudo nella loro intimità. Ed è questo uno dei segreti del lavoro.

«Chiedere alle persone di farsi fotografare armate in casa è stata una bella impresa, a loro sono arrivato attraverso conoscenze comuni. Mi è venuto in mente di usare le abitazioni perché non ho mai visto immagini di questo tipo. Una delle caratteristiche delle mie fotografie è quella di stabilire una certa empatia con i soggetti. Ho chiesto loro quale fosse la stanza in cui si sentivano meno al sicuro. La domanda li ha spiazzati e in quelle stanze abbiamo scattato le foto, anche se non preparate, con il disordine che ha dato più forza e verità alle immagini». 

 

Circus © Claudio Rizzini
Circus © Claudio Rizzini

 

La ricerca di Rizzini prosegue con nuovi temi delicati «come le famiglie arcobaleno e il nuovo fascismo a cui stiamo assistendo». Una fotografia che non ha paura di confrontarsi con la società, attraverso uno stile classico adattato all’attualità. «Ritraggo solo le persone e cerco di concentrarmi su dei progetti ampi - conclude -, come "La ballata di Kamara e Keita", un racconto in tre scatti sul riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata selezionato tra i migliori dieci del progetto dall'associazione Libera».

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